lunedì 20 aprile 2015

Arcobaleno d'inchiostro - I Vincitori!


Eccoci ad annunciare i vincitori della gara 2 del contest letterario Arcobaleno d'Inchiostro, sul genere thriller.

Prima di passare alla proclamazione dei migliori racconti vogliamo fare una piccola precisazione: tanti sono stati i racconti inviati (21!) che abbiamo deciso di non premiarne solo uno, bensì tre!

Quindi da parte dello staff di Magla, l'isola del libro, facciamo i più sinceri complimenti agli autori selezionati e ringraziamo tutti i partecipanti per averci sommerso di racconti!

Ma ora arriviamo al momento clou di questa gara 2 (genere Thriller), del nostro contest dei generi letterari: ecco i vincitori!

Il giudice di questa prima sfida, Davide Schito, ha decretato i vincitori, e quindi lasciamo a lui la parola...



Innanzitutto, volevo ringraziare le admin di Magla per avermi scelto come giudice di questo contest e i tanti partecipanti per essersi messi in gioco. È sempre una grande responsabilità giudicare dei testi scritti da altri, perché so per esperienza quanto impegno, passione e lavoro si nascondano dietro a ogni storia, per breve che sia. Per questo motivo i miei giudizi non vanno presi in senso assoluto: i racconti che non sono stati premiati non devono essere considerati brutti o senza valore. Sono solo i miei "due cents", un giudizio soggettivo e per questo senz'altro opinabile.

Spero comunque che i tre racconti che ho scelto (il vincitore e le due menzioni d'onore) vi piacciano come sono piaciuti a me. Ma ora bando alle ciance ed ecco i nomi dei vincitori...




RACCONTO VINCITORE
Buonanotte
di Rubrus







Quanto è importante dormire? Quali sono le cause che possono causare l’insonnia? Siamo sicuri che, una volta trovato il rimedio, staremo davvero meglio?

Rubrus, con un racconto breve ma incisivo, scava nel quotidiano per attingere a un mondo solo all’apparenza normale, quello della famiglia, microcosmo segreto, luogo d'amore ma anche di forti tensioni, il più delle volte sepolte dietro una facciata di rassicurante ma finta normalità. Come accade nella vita di tutti i giorni, infatti, anche qui si avverte un sottile malessere, un'insoddisfazione che serpeggia, mai esplicitata, ma che caratterizza entrambi i personaggi fin dalle prime righe. È un dialogo, quello tra i due coniugi, solo all’apparenza normale: in realtà le poche parole che si scambiano portano già al loro interno i semi di un rancore che, troppo spesso, finisce poi per sfociare nella tragedia.

In questo racconto, più che quello che Rubrus scrive, è importante quello che non scrive: le parole appena accennate, quelle non dette, trattenute a fatica, e poi le immagini, veloci pennellate che lasciano al lettore il compito di trarre le conclusioni, invece di spiattellargliele in faccia.

È un vero thriller, questo, proprio per l’inquietudine che traspare riga dopo riga, e che rimane dentro, fastidiosa e implacabile come sabbia rovente in gola, ben oltre l'ultima battuta.



MENZIONE SPECIALE  AUTORE

Lo scorpione nero

di Diego Zucca










Un detective, la ricerca di un pericoloso serial killer, le indagini, gli appostamenti. E poi, a un certo punto, quello che era solo uno dei tanti casi da risolvere finisce per toccarti negli affetti, e allora ciò che prima era un lavoro diventa qualcosa di più, si trasforma in un'ossessione. E si sa, le ossessioni sono come una droga: faresti di tutto per procurartene un'altra dose, per stare meglio. Anche perdere di vista tutto ciò che sei. Anche capovolgere una scala di valori che forse hai solo finto di seguire.
Con questo racconto denso di ritmo, arricchito da un linguaggio degno di un hard-boiled anni trenta, Diego Zucca ci fa diventare il detective Silva, solo all'apparenza uno sbirro come gli altri. Grazie all'uso sapiente della seconda persona non assistiamo alla sue gesta da semplici spettatori, né lo ascoltiamo raccontare la sua storia: no, noi siamo il detective Silva, mentre leggiamo. Diventiamo lui, cambiamo nome, nazionalità, pelle, sesso. Entriamo nelle sue scarpe e ci sentiamo mossi da fili invisibili, come se fossimo alla mercé di un misterioso burattinaio. L'immedesimazione è totale, e alla fine il colpo di scena che cambia completamente le carte in tavola arriva improvviso come una doccia gelata. Perché questo racconto è come la vita: non ci sono né buoni né cattivi, qui. Solo uomini, soli con i propri fantasmi.







MENZIONE SPECIALE AUTRICE

Sopravvissuto

di Marta Paparella




Dipingere in poche parole la psicologia di due personaggi non è affatto facile, né lo è raccontare una storia partendo dalle voci e dai pensieri di quegli stessi personaggi. In “Sopravvissuto”, Marta Paparella riesce nella non facile impresa di proporci un thriller a forti tinte psicologiche, arricchito da quell’elemento fantastico – potremmo chiamarlo sovrannaturale, paranormale o semplicemente surreale – che non è un mero espediente letterario, un deus ex machina privo di motivazione, ma al contrario rappresenta, una volta giunti al termine del racconto, il punto focale su cui si snoda l’intera trama. Una trama complessa di cui non conosciamo che alcune tessere del puzzle, elementi apparentemente slegati tra loro ma allo stesso tempo coerenti, sufficienti a farci immaginare ogni scena come se la vedessimo su uno schermo, davanti ai nostri occhi. Perché è questo che rende un racconto degno di essere letto: la capacità dell’autore di accendere l’immaginazione di chi legge senza dover per forza raccontare per filo e per segno ogni dettaglio. È un compito difficile ma secondo me è quello che distingue uno scrittore – un vero scrittore – da una persona che scrive e basta. Un obiettivo che questo bel racconto raggiunge in modo assolutamente brillante.
 _____________________

 Ecco quindi i racconti premiati 


racconto vincitore

Buonanotte

Rubrus (Roberto Rossi)

 

«Non puoi andare avanti così, sembra che stanotte tu abbia avuto un diverbio con Mike Tyson».
Il naso di Arianna penzolava ad una pericolosa distanza dalla tazza del latte; ancora un lieve cedimento del collo e vi sarebbe affondato del tutto.
«È lo stress, sai, il superlavoro…».
«Proprio per questo devi dormire, dovresti provare…».
«Cosa? dimmi cosa dovrei provare che non abbia già provato – scattò lei – forse dovrei davvero avere un diverbio con Mike Tyson, mi sferrerebbe un uppercut e mi spedirebbe nel mondo dei sogni, almeno dormirei un po’». Spinse in fuori le labbra, come per dire altro, ma si trattene.
Era troppo stanca per litigare ed anche per scusarsi. Ma non abbastanza da dormire.

«Cosa ne dici?»
Arianna guardò il depliant che il suo capo le aveva messo sotto gli occhi.
Mostrava una di quelle ville che sembrano il modello per una casa di bambole. Mura color pastello occhieggiavano tra jacarande in fiore e, intorno, prati verdeggianti promettevano passeggiate di velluto.
La scritta sotto la foto, in caratteri vagamente liberty, diceva semplicemente: “La casa della buona notte – centro medicina del sonno”.
«Dico che non me lo posso permettere» rispose lei.
L’uomo allargò il sorriso fino a far scintillare le otturazioni dei premolari.
«No che non puoi. Non più di quanto tu possa permetterti di essere licenziata. Che è esattamente quello che accadrà se ti becco un’altra volta a dormire».

«Il sonno è dentro di te» sussurrò il dottore appoggiandole una mano sulla fronte.
Arianna non sapeva se fosse un dottore, ma il fatto che indossasse un camice l’aveva indotta, da subito, a chiamarlo così.
«Il sonno è dentro di te» ripeté il medico (se tale era). La sua voce aveva il suono di un panno che sfiora un mobile liscio. «E’ dentro di te, ma, sopra, ci sono timori, angosce, desideri, aspirazioni, rimorsi, rimpianti, doveri, vincoli, inibizioni…liberatene, Arianna, lasciali uscire dalle loro tane e volare via, lasciali andare, lascia che emergano dal profondo…».
Arianna cominciò a rilassarsi. Non era proprio un dormire, però…

«Però il conto toglierà il sonno a me – urlò Piero – ma dico… ma hai presente quanto abbiamo in banca? E per la miseria, ma non c’è, non dico una clausola del tipo “soddisfatti o rimborsati”, ma neppure uno straccio di garanzia, ma non è che quello ti ha ipnotizzato e poi ti ha fatto firmare il contratto?... ma pensa te… “La casa della buona notte” … e quello come si chiamava, Morfeo?».
Arianna non rispose.
Come da molte sere a quella parte era troppo stanca per farlo, ma, per la prima volta da molto tempo, non temeva il tramonto come il preludio di un’altra notte insonne.

Si svegliò alle prime luci dell’alba; non era stata una notte filata, ma quasi e…
Si stirò con voluttà e fu allora che si accorse del bagnaticcio che impregnava il letto.
Ebbe un sussulto e la mano destra, che aveva tenuto stretta senza accorgersene, si aprì di scatto, lasciando cadere l’oggetto che aveva impugnato fino ad allora e che cadde con un debole tintinnio.
Aggrottò la fronte, cercando di ricordare… l’emersione dei desideri inconsci… il sonno che saliva dal profondo… il sonnambulismo come possibile effetto collaterale… be’… fra un po’ ne avrebbe avuti di pensieri, eccome, quindi…
E, con un mugolio di soddisfazione, Arianna si girò dall’altra parte e si rimise a dormire. 

 

menzione speciale autore

Lo scorpione nero

Diego Zucca



Detective Silva, ogni giovedì la cerchi. Oggi finalmente l’hai trovata. E’ nel bar, ti guarda. Flirta con te. Giochi di sguardi e seduzione. Perché ti guarderebbe, se non fosse lei?

Sai che nel momento cruciale dovrai ucciderla, o sarai tu il morto, Detective Silva.

Ti hanno tolto il caso, ma tu non ti sei dato per vinto.

- Sei troppo coinvolto. – ti hanno detto.

Cazzate.

Tu vuoi vederci chiaro, hanno costruito un muro di menzogne, ma tu col tuo machete vuoi arrivare alla porta della verità.

Ogni giovedì lei, implacabile, colpisce.

Come aveva colpito tuo fratello, Detective Silva.

Girava per i bar, tu sai in quali bar andava tuo fratello ed ora la cerchi, vuoi vendicarti, vuoi fermare questa catena inarrestabile di violenza. Ogni giovedì lei punge uomini sposati. Per questo tu, Detective Silva, porti un anello di una moglie immaginaria.

Li seduce in un bar, si fa portare in un motel da due soldi, camera singola, nessuno la vede. Come uno scorpione nero lei sta nascosta sotto la sabbia e aspetta. Poi uccide e se ne va.

E così avevano trovato anche tuo fratello, Detective Silva. Morto avvelenato non si sa da cosa in uno squallido motel.

Per una notte di piacere aveva incontrato lo scorpione nero, e ora una vedova e un’orfana di padre non lo piangevano neppure.

Ma tu sai, Detective Silva, che quella donna lo aveva sedotto, e un uomo ubriaco è facilmente seducibile. Tuo fratello aveva litigato con la moglie e si era buttato nelle braccia della prima che gli era capitata.

E’ giovedì e tu sai che è il giorno dello scorpione nero. Sei in questo infimo bar pieno di puttane a flirtare con questa biondina fuori luogo. Le altre sono tutte dei cessi.

Lei ti si avvicina e ti chiede se le offri da bere. Tu fai un po’ il prezioso, non vuoi insospettirla. Ti sta balenando anche il pensiero di scopartela, prima di farla fuori. Ma devi stare attento, perché con lo scorpione nero basta un attimo di distrazione e sei morto, Detective Silva.

Le offri da bere, lei ti sorride. Il suo occhio va sull’anello. Le dici che è vero che sei sposato, ma state per divorziare. Lei annuisce interessata, ma tutti le dicono così, ne sei certo. Le offri ancora da bere, ma lei suggerisce di andare in un motel.

Stai attento, Detective Silva, gli scorpioni sono animali veloci e rapinosi. Ma tu vuoi la giustizia, vuoi onorare una memoria già dimenticata da tutti. Ma non da te. Lo fai anche per le lacrime che tua madre ha versato.

E allora la carichi in auto e andate.

Arrivate in un motel di periferia. Non ti chiedono neppure i documenti. Un motel da sveltine, probabilmente. Gli basta la tua parola. Entri in camera, la ragazza ha con sé una borsetta. Cerca di tenerla d’occhio, Detective Silva, oppure farai la fine di tuo fratello.

Lei si siede sul letto e tu la osservi. Si è tolta le scarpe, i suoi piedi sono piccoli. Giusti per la sua corporatura. Si scioglie i capelli, è ancora più carina.

Peccato che tu la voglia uccidere. Ma è la legge della natura, o la uccidi tu, o ti uccide lei.

Scherzate, lei sta al gioco, vuole che tu inizi a spogliarti, e tu lo fai, Detective Silva. Ti togli la maglia, poi i pantaloni. Resti con quelle ridicole mutande bianche, che gusto di merda.

Lei improvvisa un balletto, si muove velocemente, proprio come uno scorpione, si toglie la gonna, mettendo in mostra delle gambe piccole ma sode. Poi si toglie la maglietta, non portava il reggiseno, ma tu l’avevi già notato, vero Detective Silva?

I seni sono piccoli, i capezzoli turgidi. Vanno via anche le mutandine, mettendo in mostra un corpo bello, ma non perfetto. Proprio per quello è perfetta.

Ti salta addosso, ti tira giù le mutande. Tu sei già eccitato, forse hai già scordato tuo fratello, Detective Silva.

Lei ti cavalca, tu la lasci fare. Ti sei già dimenticato della borsetta, che sta lì ad osservarvi, come un guardone al parco.

Avete già finito, lei sembra soddisfatta, tu lo sei di sicuro. Lei va in bagno, tu tocchi i tuoi pantaloni. La pistola è sempre lì, di corsa la metti sotto al cuscino.

Cerchi di allungare il collo, come una tartaruga che esce dal guscio, ma non riesci a vedere nulla dentro quella piccola borsa. Poi lei esce di nuovo. Ti sorride.

E’ il momento, o tu o lei. Se aspetti un secondo sei fottuto, Detective Silva.

BANG

Un colpo solo. Lei cade a terra. Ti assicuri che sia morta.

Lo è.

Vai alla borsetta, c’è uno spray al pepe ed altri oggetti di cosmetica. Qualcuno potrebbe essere velenoso, meglio non toccarli.

La carichi in macchina e la scarichi in una strada isolata in mezzo al nulla. Quando la troveranno sarà cibo per avvoltoi.

Poi torni a casa e ordini una pizza. Così ti vedranno, tanto i pony pizza non ricordano mai gli orari. Diranno che eri a casa, ma non ce ne sarà bisogno. Accendi la tv.

Lo scorpione nero ha colpito di nuovo.

Cazzo.

Anche stavolta non era lei.

Una vittima sacrificabile.

E’ già la dodicesima da quando è morto tuo fratello.

Ma un giorno di giovedì non succederà nulla.

E allora capirai di aver ucciso quella giusta, Detective Silva.

menzione speciale autrice

Sopravvissuto

Marta Paparella



Camminavo sulla spiaggia, quando mi sono reso conto che mi mancava il fiato.

Avevo in mente sempre la stessa domanda: Vieni con me alla festa? La tua voce la ripeteva all'infinito.

Non mi era chiaro come l'aver acconsentito ad accompagnarti avesse poi scatenato quell'inferno, ma non avevo alcun dubbio che il punto di rottura si celasse in quella lista di ospiti che avrebbero partecipato al gala natalizio della polizia.

Secondo la teoria dei nodi una corda che si aggroviglia segue regole ferree. Collocato il nodo, non avrei dovuto avere difficoltà a risolvere il problema. Invece, ogni volta che cercavo di capire perché avessero deciso che tu dovessi morire, tutto ciò che riuscivo a fare era riavvolgere lo stesso film.

Rivedevo la penombra che riduceva il mondo a un letto, e il tuo braccio sul mio petto. Vieni con me alla festa? La tua risata che si spezzava tra le mie labbra. Il mio , rapido, sicuro. Che insperata opportunità.

Ho lasciato che il film passasse alla scena seguente. Solo un accenno, la sensazione fugace dei tuoi fianchi contro i miei, il rumore degli sportelli che si chiudono, la tua risata ancora sulle mie labbra. Lo sparo.

Continui a mangiucchiarti le unghie come una ragazzina. Non ti vergogni, Clare? Cosa pensi di risolvere rimanendotene chiusa qui dentro? Quando mai sei stata così remissiva? Fatti sentire. Urla, se devi. L’hai fatto tante volte, e sì che eri più giovane, inesperta, persino confusa. Non certo la donna determinata che sei ora. Alzati, sali quelle scale e fiondati nella stanza del capo. Digli che questa storia così non ha senso. Che ritieni che l’indagine sia stata svolta in maniera non corretta. Che sulla scena c’era di certo almeno un altro uomo. Che il rapporto non ti convince.

Raccontagli di Ray, del ragazzo che passeggia sulla spiaggia. Di quello che pensa, di quello che gli passa per la testa. Quando lo incroci, mentre corri lungo la riva, i suoi pensieri si riversano nella tua mente, così furiosi che non sei in grado di difenderti.

Eppure, ormai lo sai fare. Da quando hai capito che ciò che sentivi non erano voci, ma i pensieri di chi ti era attorno, ne hai fatta di strada. Hai imparato a tenerli fuori, a selezionarli, a dar loro un ordine prima ancora di accorgerti di star ricevendo dati dall’esterno.

Invece con lui non funziona. Ti stupisci ogni volta, ma continui a correre, sperando che lui non si accorga del mezzo sguardo che ti sfugge. Le mani infilate nelle tasche della giacca, la testa incassata tra le spalle. Poche ciocche castane gli sfuggono dal cappello di lana. Da quando la sua ragazza è morta, Ray non si dà pace.

E ora nemmeno tu.

Perché ha ragione lui. Qualcosa non quadra. E il qualcosa è proprio qui, nelle file della polizia. Tra le tue file.

Ero sceso a mare anche quel pomeriggio. Mi sentivo soffocare e il progetto cui lavoravo da diversi mesi e che mi aveva condotto sin lì sembrava non avesse più senso. Avevo un compito da portare a termine, e in fretta, ma in quei giorni il mio interesse per il lavoro, e anche per me stesso, era pressoché nullo. Mi mancavi, tesoro. In un modo che non si poteva raccontare. Che non si doveva raccontare. La realtà era semplice: io non ero più io.

Un sopravvissuto, ecco cos’ero ormai.

Parlavo da sopravvissuto. Vivevo da sopravvissuto.

Incazzato, addolorato, monco.

Il colpo di pistola che ti aveva centrato era stato sparato da uno stronzo che cercava di dileguarsi dopo aver rapinato un market. Abbandonata l’auto, si era dato alla fuga a piedi. Ci era passato accanto mentre stavamo uscendo da un caffè, allacciati l’uno all’altra, distratti. Gli agenti che lo inseguivano l’avevano ucciso tre isolati più avanti. Una traiettoria errata, un errore di calcolo. Eri morta per caso, Kae. Tra le mie braccia. Per caso.

Guardavo il mare e pensavo a quegli istanti, al mio occhio allenato che registrava una scena diversa da quella che sembrava. Il caso non c’entrava affatto. Non c’era stato errore. Eri morta perché qualcuno così aveva stabilito.

E questa volta ti blocchi. Allunghi un braccio e lo tocchi. Il ragazzo si volta e ti guarda quasi offeso. La sua rabbia è così forte da graffiarti.

«Posso aiutarti» gli dici.

Lui ride e tu scopri che esiste un altro Ray. Lui ride e tu sostieni il suo sguardo. Perché ora sai perché è morta la sua ragazza e che il problema era davvero in quella lista arrivata sulla scrivania di un agente zelante. Kae More era uno dei molti nomi di un’assassina, un killer, una cacciatrice di teste.

I servizi segreti si aspettavano che prima o poi qualcuno venisse a cercarti, Clare. Tu, così speciale da essere costretta a vivere quasi reclusa, nell’anonimato. L’arma segreta dell’intelligence nazionale che da qualche tempo aveva smesso di essere segreta. Chi avrebbe avuto da temere a causa tua, e delle tue capacità, non sarebbe rimasto a guardare.

Il tuo capo ti aveva chiesto di essere prudente. Ma non c’è nulla che i soldi non possano comprare. Informazioni, dati sensibili, inviti per la festa di Natale della polizia...

L’agente responsabile dei controlli di sicurezza aveva tempestivamente lanciato l’allarme. Kae More andava subito eliminata, prima che avesse il tempo di individuarti, di avvicinarti.

Ray ti studia in silenzio. Tu inizi a parlargli e in un istante sai come andrà a finire. Che stupida, pensi.

Ero sulla spiaggia. Una ragazza mi ha fermato, mi ha sorriso e sulle sue labbra è spuntato il tuo nome. Un killer, mi ha detto. Cazzo, un killer. Ridicolo. «Il mio nome è Clare» ha sussurrato al vento, e già seguiva un altro pensiero. Il mio. Ho tirato fuori la mano dalla tasca, mentre lei mi guardava attonita. Ha fissato la canna della mia pistola e poi ha chiuso gli occhi. «Un killer, come me. Che incredibile coincidenza» ho detto piano, mentre premevo il grilletto.

All’improvviso, non avevo più nulla da fare. Mi sono avviato verso casa, lentamente.

Non so cosa mi sia preso. Ho avuto la sensazione che mi chiamassi, che mi fossi solo due passi dietro. Non mi sono voltato, amore. Non mi sono voltato.


2 commenti:

  1. Bravissimo Davide Schito per essere riuscito a definire il difficile Podio. Complimenti a Robert Rossi per il gradino più alto e a Diego Zucca e Marta Paparella per le posizioni d'onore. Conto di leggere tutti i 17 racconti restanti (il mio ovviamente no) sicuro di trovarli tutti all'altezza del tema che era stato dato. Un elogio anche alle Magla che hanno saputo attirare nella loro rete (intendo virtuale) un così grande numero di partecipanti.
    PS: Questa è la seconda volta che pubblico il commento. La prima volta come anonimo non lo ha accettato e mi ha rinviato al mio account Google per farmi pubblicare come Subacqueo.it, che non so nemmeno da dove venga questo mio nickname essendo io Tony-the-sub. Misteri del virtuale!

    RispondiElimina
  2. Ringrazio Davide per la menzione d'onore :) Mi fa estremamente piacere!

    RispondiElimina