Non avresti voglia di perderci
la testa, eppure ti tocca.
Sei alla terza dose di quella
robaccia alcolica che hai recuperato dai tuoi, prima di salutarli e
rientrare a casa. La terza domenica di ogni mese ti affanni a mollare
tutto giù in questura e a dedicare due ore ai tuoi genitori. Non è
malaccio, solo dispersivo. Fai fatica poi a rientrare nel
personaggio, ad abbandonare i panni del figlio unico e viziato per
riprendere quelli dell’impavido umorale commissario di polizia che,
tuo malgrado, sei diventato.
Ti butti sulla sedia e sposti
la lampada verso il centro della scrivania.
Melania Sitta è stata uccisa
in un camerino del teatro, a fine spettacolo.
Il verbale della scientifica è
chiaro, pur se ancora parziale: morte per asfissia.
Concentrati, Sandro.
Spazzi con la mano le
fotografie scattate sul luogo del delitto: ricordi un primo piano
della vittima. Lo peschi sul bordo della scrivania e lo tiri a te. Un
collo perfetto, candido, una ciocca di capelli neri infilata dietro
l’orecchio, zigomi alti e grandi occhi scuri che fissano il
soffitto. Nessun segno di strangolamento, niente su tutto il corpo, a
parte una contusione sulla tempia destra e un’irritazione
dell’epitelio faringeo.
Sbuffi e ti scompigli i
capelli. Diana arriverà verso le tre, dopo la chiusura del cinema.
Devi trovare il tempo di fare una doccia, e magari di risolvere anche
il caso
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