lunedì 17 agosto 2015

HORROR: il racconto di Andrea Franco "Regina DiAmante" offerto dall'Autore ai lettori di Magla!



Regina DiAmante



Un racconto di Andrea Franco






Meraviglioso, il castello, si ergeva solitario sul picco. Come se dal cielo una pioggia di diamanti si fosse abbattuta seguendo le indicazioni di uno strambo architetto divino. E al termine del diluvio, invece che pozze d’acqua, invece che strade sterrate affogate nel fango, invece che frizzanti torrenti in piena, una reggia.

L’osservavano smarriti, i due giovani. Ancora pochi minuti prima un chiacchiericcio perpetuo frustava l’aria. Dubbi, consigli, paure... tutto assieme, quasi con una magica incoerenza d’emozioni. E ora solo il silenzio, adesso che il castello, la dimora della Regina Diamante, svettava davanti a loro.

Diamante, continuava a ripetere nella testa uno dei due, Giorgio, il più alto, quello che covava più timore nel petto. Diamante, Diamante... Di Amante.

E l’altro sentiva i piedi pesare, le gambe rigide, la mascella tremolante. Più basso, Alessio, più giovane, anche se di un solo mese. Più fragile. Ma dopotutto, ripeteva come una cantilena, non sono io che devo superare la prova.

Diamante, sussurrava pure lui nella sua mente. Diamante, Diamante, Di Amante... e se avessero saputo quanto i loro pensieri combaciavano, forse avrebbero riso. O forse no, probabilmente.

- Ci puoi ancora ripensare - gracchiò dopo un tempo indefinibile Alessio. Giorgio deglutì, spalancando gli occhi.

Finalmente, pensò l’amico. Finalmente si torna indietro. Ci sono tanti di quei modi per risolvere i problemi che...

Ma l’altro non doveva essere della stessa idea, perché scosse la testa. Forse di modi non ne conosceva poi così tanti. O forse li aveva pure provati, alcuni di quelli. E di sicuro, senza dubbio, non avevano funzionato. Se vogliamo, conosceva proprio quelli sbagliati. Ma a un uomo, un ragazzo, non si può chiedere di sapere sempre tutto. Alcune cose le devi pure imparare sulla pelle. Era suo nonno Aristide che lo diceva sempre. Ora Giorgio ci credeva pure. Sebbene suo nonno fosse una grande testa di cazzo.

- Devsuperalprova - buttò lì sparando le parole una appresso all’altra.

- Eh?

Giorgio ripeté, più adagio, scoprendo quanto fosse difficile dirlo e pensarlo allo stesso tempo. Per questo motivo le stronzate si dicono sempre di fretta: per non pensare.

- La Regina Diamante esaudirà il mio desiderio - aggiunse dopo molto tempo, quando già Alessio aveva pensato che avesse di nuovo cambiato idea.

- Ti ucciderà.

- Dovrà amarmi.

- Ti ucciderà.

- Scioglierò il suo gelo.

- Ti ucciderà.

- Lo credi davvero?

- Ti ucciderà.

- ...

- Se così non fosse...

- Sì?

- ... cerca di fare presto.

Si fissarono negli occhi. Paura nella paura, come uno specchio che si affacci su un lago. Quale è l’immagine più vera?

- Mi ucciderà?

- È molto probabile.

- Farò prestissimo.

- Come farò a sapere se non torni?

- Avrò fatto tardi.



* * *



Ombra di un riflesso. È così che l’attesa si confonde con il desiderio nel castello di diamante. Dove tutto è luce, dove tutto è straordinariamente prezioso da essere superfluo, l’unico punto oscuro lo fa l’attesa. Tra uno e l’altro. E poi un altro ancora. E un altro e un altro e un...

E attendeva, la Regina, con l’impazienza dell’amante inappagata. E se avesse potuto intuire un fremito questo avrebbe preso la forma di una venatura, tagliando in due il gelido freddo della pietra lucente che la componeva.

Diamante.

Questa la sua condanna, di lei che tutto aveva dato di sé, di lei che era la Maestra tra le lussuriose. Di lei, pietrificata nell’attesa.

Di Amante.

Questa la sua condanna, di lei che aveva scoperto la via del piacere, di lei che l’aveva tradita, fingendo, ansimando, fingendo, tremando, fingendo... sebbene una sola volta. Una.

Diamante di amante diamante di amante diamante di amante... come può una donna essere prigioniera di sé stessa? Era l’attesa, lei lo sapeva bene, a dare vita a questi pensieri. L’attesa di poter amare ancora una volta fino in fondo, senza finzione, l’attesa di poter tremare ancora una volta, davvero, l’attesa di poter ansimare ancora una volta. Sincera.

Come l’attesa.

Che poteva dileguarsi solo quando giungeva un altro, l’ennesimo. Con un desiderio e una voglia inconfessabile: essere il più grande tra gli amanti.



* * *



Avanza, Giorgio, cercando di non guardarsi alle spalle. Alessio è rimasto indietro, ben oltre il grande cancello di diamanti. Ben oltre a tutto, alla paura, ai dubbi, alla paura, alla tristezza, alla paur... Giorgio mise un freno ai suoi pensieri. Troppi concetti ricorrenti, doveva ammetterlo. Stava scadendo nella banalità di un pensiero tortuoso come le sue viscere che ora sembravano fatte di gelatina, proprio perché la...

Zitto! Intimò al suo cervello, benché quella parola, quella sensazione strisciante non volesse andare via. C’era, lo sapeva Giorgio che c’era. Madovevacontrollarlaperdio!

Sbuffò, soffiando forte e per un attimo, solo un misero codardo attimo, un pensiero sciocco lo frustò. Adesso soffio un po’ più forte e il castello cade giù. Niente Regina, niente prova. Niente di tutto. Solo, non aveva davanti un castello fatto con le carte. Con quelle del Destino, forse, ma della consistenza, della purezza, dello splendore, di fottutissimo preziosissimo bastardissimo diamante!

Superò il cancello, socchiudendo solo momentaneamente gli occhi.

Ce la posso fare. Quando tornerò a casa lei sarà ad aspettarmi. Avrà dimenticato il mio peccato. Amerò la Regina Diamante e lei cancellerà il ricordo di quello che ho fatto.

Sorrise. Tra le braccia di una donna per cancellare un tradimento. Non era con i diamanti che si conquistavano le donne?

Avrebbe amato, per cancellare il peccato Di Amante.



* * *



Alessio pensò che poteva essere l’ultima volta che lo vedeva e che la schiena di Giorgio sarebbe stata l’immagine di quel momento. Non si voltava, l’amico, deciso. Non lo chiamava, lui, perplesso.

Non ce la puoi fare. Non ce la puoi fare. Non ce la... quante volte lo aveva ripetuto? E quante altre lo aveva pensato? Era stato tutto inutile. Il grande amante, l’uomo che tra le gambe di una donna faceva faville, e che tra queste era stato beccato, ce la poteva fare. Ne era sicuro. Alessio ne dubitava fortemente. Troppe chiacchiere. Troppe leggende. Troppo di tutto in quella storia, soprattutto di amanti. Lidia, la cornuta, la pensava come lui, anche se non sapeva della Regina. Solo gli uomini lo sapevano. Quelli con un grande peccato o un grande desiderio. O con entrambi.

Giorgio lo sapeva. E Alessio lo accompagnava, forse per persuaderlo, o forse no. E di ragioni ne aveva tante che starle a contare non era cosa da poco. Ma dopotutto fissare la schiena di Giorgio non era granché interessante, e presto sarebbe scomparso all’interno della grande reggia di diamante. E allora le contò, per passare un po’ il tempo. Cerca di fare presto, gli aveva detto. Ma adesso era inutile stare lì a farsi amaro il sangue.



UNO.

Non è che Giorgio fosse proprio sincero. Con le donne. E qualcuna la inganni, più di qualcuna, evidentemente. Ma quelle di un certo tipo, solo quelle, però. E anche alcune di loro, a letto, ti sgamano. Perché a un certo punto, e lo fanno solo le donne, vogliono guardarti negli occhi e cercano cercano cercano chissà cosa. Forse il pensiero di un’altra donna. E se c’è, lo trovano. E se c’è, non avete scampo. Ti guardano negli occhi e non puoi fuggire. Lo sanno fare bene. Altrimenti non sarebbero donne.



DUE..

Non è che Giorgio fosse proprio instancabile. Con le donne. Tra amici certe cose si raccontano e Alessio ne sa molte di queste faccende. A un certo punto si lascia servire, si mette comodo e... gli piace proprio fare così. E forse è bravo a convincerle tutte, o forse no, ma lui ci prova e chissenefrega se lei s’incazza. Chissenefrega non lo può dire là dentro. Chissenefrega la Regina non lo accetta. No di certo. Non lo accetta.



TRE...

Non è che Giorgio certe cose se le tiene per sé. Delle donne. Ne parla, ne parla, ne parla appena può. Con gli amici, certo, qualche volta anche con qualcun altro. Ma ne parla, è questo che conta. E non è che tutte le donne stanno lì a far parlare di sé. Non tutte, ma molte sì. Non la Regina. Di lei parlano in molti, ma prima di andare. Dopo, è tutta un’altra storia. Non è una conquista, la Regina. Non è una che sta lì per fartelo poi raccontare. No, non è così la Regina. E lo capirà, che a Giorgio piace parlare. Certo, lo capirà.



QUATTRO....

Non è che Giorgio voglia proprio ricucire. Con Lidia. È che gli brucia dentro quel fatto di essere stato beccato. Non gli era mai capitato prima, neanche una volta, mai. Poi era successo con Lidia, mentre lui e Giulia... e adesso Giorgio vuole cancellare lo smacco. Vuole che tutto torni come prima. Giocare senza essere diffidato. Per questo è dalla Regina, non per Lidia. Chissenefrega di Lidia. E le donne non amano quando giochi con loro, e se sei una Regina, soprattutto, questa cosa ti fa imbestialire. Incazzare era forse il termine più adatto. Anche a una Regina come lei. Di Amante.



CINQUE.....

Solo gli uomini con un grande desiderio o con un grande peccato conoscevano la Regina. Alessio, dimenticando il suo amico e contando per sé, adesso, rifletté sul motivo che lo aveva condotto fino a lì. Accompagnare un amico non era sufficiente. No, non bastava. Giorgio non era lì da solo. Insieme a lui c’era un altro uomo, Alessio. Con un altro desiderio. O un altro peccato. O tutti e due.



* * *



Riluceva ogni cosa, all’interno. Giorgio s’immerse in un mondo costruito con riflessi e luce, dove tutto sembrava delicato quanto le ali di una farfalla, eppure era duro quanto solo il cuore di una donna può essere.

Avanzò a piccoli passi, quasi trattenendo il respiro. Ogni cosa era fatta di quella pietra preziosa il cui nome celava allo stesso tempo ricchezza e lussuria. E per quest’ultima adesso si trovava lì. Per incrinare le barriere emotive dell’unica donna che poteva dargli quello che lui bramava.

E li vide quasi subito, immobili, nelle grandi stanze di quel castello senza confini. I volti sofferenti, alcuni con lacrime cristallizzate in gocce trasparenti. In quel luogo, il pianto di un uomo valeva una fortuna. Rise, Giorgio, lasciando echeggiare il suo sprezzo lungo le pareti.

S’avvicinò al corpo di un uomo. Stava cercando di fuggire, quando era divenuto parte del tutto. Ce l’avevi quasi fatta, amico, pensò Giorgio, notando come fossero molto vicini all’uscita.

Solo chi dava il piacere estremo alla Regina Diamante usciva di nuovo dal castello, portando con sé il dono di un desiderio realizzato.

Si portò vicino a un altro. Uno dei tanti, tra un attesa e un attesa e un attesa. Pochi passi più indietro. Un po’ meno bravo, ma la stessa sorte. E tanti altri, tutti di corsa verso l’uscita. Tutti immobilizzati nella loro nuova essenza diamantifera. Tutti incapaci di dare amore. Completamente. Fino in fondo.

Che qualcuno ce l’abbia fatta? Si domandò scacciando subito quel pensiero assurdo. Impossibile, altrimenti la Regina sarebbe stata salva, avrebbe pagato il suo pegno.

- Sono qui per liberarti - disse ad alta voce, rompendo finalmente gli ultimi indugi. Si avvide che tutti gli uomini fuggivano da una stessa direzione. Notò la piccola porta in fondo alla grande Sala degli Inetti, così aveva ribattezzato quel cimitero di uomini pietrificati, e comprese che quella era la direzione per congiungersi con Lei.

Sorrise e riprese ad avanzare. In petto tutta la sicurezza che poteva richiamare a sé. Sicurezza Di Amante.



* * *



L’attesa si frantumò, come un coccio che cade a terra, quando l’uomo entrò nel castello. La Regina, bloccata nella sua immobilità, finse a sé stessa di sentire un brivido, e si concesse un piacere solo mentale. Una volta fatta l’abitudine, ci si faceva bastare anche quello.

Non fingerò, si disse.

Non gemerò solo per dargli piacere.

Non tremerò per nulla.

Se lo prometteva ogni volta. Sempre quando entrava un altro, nella speranza che fosse quello giusto, il più bravo, l’eccelso. Nella speranza che fosse lui a darle quello che lei per una vita aveva donato. Che fosse lui a farle provare quello che una volta, una sola bastardissima volta, lei aveva finto, finendo prigioniera di quella condanna. Che fosse lui, semplicemente.

Poi lo sentì vicino.

E comprese che tutto stava per iniziare.

Ancora una volta.



* * *



La riconobbe immediatamente, benché della stessa materia di ogni altra cosa, là dentro. Sdraiata sul letto più costoso che esistesse... Impossibile confonderla con il resto, però. Era nel suo corpo che lo splendore di quella pietra preziosa trovava il suo completamento.

La Regina Diamante.

La perfezione modellata in sé stessa.

Sospirò, Giorgio, controllando le gambe improvvisamente molli, e avanzò, infine.

Quando la sfiorò credette di sentire un brivido. Ritrasse subito la mano. Non devo andare a caso... è una donna, e come tale va trattata.

Lasciò correre lo sguardo sul corpo. Negli occhi, sorridendo, poi sul petto, immaginandolo morbido e caldo e abbondante come le forme suggerivano, poi sempre più in basso, fino a sfiorare le cosce ben tornite, lunghe, sensuali... alle donne piace essere guardate.

E guardava, l’uomo, quel corpo modellato nella pietra più preziosa della terra. Nessun artista al modo avrebbe potuto scolpire figura più affascinante. Quella era l’essenza dell’amore, della libidine.

Poi le fu di nuovo al fianco e con il tocco delicato dei polpastrelli salì dalle caviglie fin su le cosce, immaginando di sollevare la leggera sottana, duro ostacolo a protezione del fuoco intimo della donna. Si chinò a baciarle il collo, mentre la mano continuava a giocare con tocchi delicati sulle gambe. Era fredda, la Regina, e immobile, e assente, e... tutto quello che un’amante non doveva essere, lei lo incarnava. Chiuse gli occhi, Giorgio, e allontanò la razionalità dalla sua mente. È una donna. Una donna. Una donna. Solo quello doveva essere il suo pensiero. Una donna. E come tale, doveva amarla.

Quando sotto ai polpastrelli credette di intuire qualcosa di morbido, quasi si ritrasse, spaventato. Sentì il cuore accelerare la sua corsa nel petto e un brivido strisciare lungo il corpo. Cacciò ogni sensazione con un sospiro lungo e rumoroso. E tornò a carezzarla e baciarla e carezzarla e baciarla.

Fino a che la sottana non divenne della consistenza della seta e scivolò in alto, liberando un'altra porzione di gambe, scoprendo il centro del fuoco di ogni donna. Giorgio continuò senza fermarsi. A quel punto si sarebbe comportato diversamente, ma quella era la Regina, e le regole andavano riscritte in quel momento.

E fu proprio lei, quella donna fatta di diamanti, a suggerire il passo successivo. Il suo corpo composto di luce e trasparenza si mosse sotto le sue carezze. Giorgio credette di vedere un abbozzo di sorriso su quel volto rigido. Le braccia si distesero sul letto, così come le gambe vennero divaricate, lentamente, con un movimento languido e sensuale. Fu l’uomo a sollevare ancora un poco la sottana e a scoprire che l’intimità di quell’amante di pietra non nascondeva altri indumenti.

Un raggio di sole tagliò in due la stanza, perdendosi nel corpo della donna, prigioniero. Nello stesso momento Giorgio si chinò tra le sue gambe, baciando le cosce con tocchi lievi. Quando la sfiorò con la punta della lingua, si sorprese. Non credeva che un corpo fatto interamente di diamanti potesse nascondere, tra le pieghe della sua madida femminilità, tanto calore.



* * *



La donna sentì il calore crescere in lei come un fuoco appiccato tra le sterpaglie, inarrestabile. Erano pochi gli uomini che sapevano dosare bene le prime carezze. Baci lievi, tocchi appena accennati, mani danzanti.

Qualcosa si accese quasi subito e un senso di sollievo risalì lungo un percorso smarrito nella sua mente. Piacere, calore, piacere, calore... desiderio. Era quella la parola chiave. Andava costruito un po’ alla volta, fino a farlo esplodere.

Alla fine, dopo un tempo brevissimo, riuscì a sciogliere il freddo che la bloccava e con più naturalezza di quanto ricordasse essere in grado di fare, si mosse. Aveva chiaro in mente il passo successivo. Anche lui probabilmente mirava a quello e quando lei socchiuse le gambe lui non perse l’occasione. Scivolò tra le cosce con un movimento abile e studiato, strusciando la pelle morbida delle gambe, indugiando il giusto, pizzicando con la punta della lingua e... l’affondo scivolò in un umore denso e caldo.

E allora, dopo anni che non accadeva, la Regina avvampò, pregustando il momento in cui sarebbe stata vinta da un’ondata di piacere. Il suo corpo, non più completamente pietra, non del tutto carne, adesso le permetteva di assecondare l’abile gioco dell’uomo. Quando un piccolo morso le strappò un gridolino di piacere, sul viso le si sciolse anche un pianto morbido.



* * *



Giorgio finalmente la sentì godere. Un suono distinto, un gemito che la donna non riuscì a trattenere, proprio quando le mordicchiò la pelle morbida tra le gambe. Adesso il suo corpo aveva quasi la consistenza reale, benché rimanesse trasparente come la pietra preziosa che la teneva prigioniera nel suo peccato.

Fra poco sarai libera, pensò l’uomo, concedendo alla sua lingua un affondo più deciso. Quando credette che fosse giunto il momento, alzò la testa e si rizzò in piedi. Senza scendere dal letto si scostò leggermente e abbassando lo sguardo cercò la fibbia della cinta. Ora quella donna avrebbe conosciuto confini del piacere prima solo immaginabili.

Incrociò il suo sguardo nel momento esatto in cui iniziò a sfilarsi i pantaloni.

E gelò.

Cosa hai fatto, dicevano quegli occhi.

Dove sei fuggito?

Le lacrime che le rigavano il volto si bloccarono sulle guance, ritrovando la consistenza della pietra.

Giorgio sentì un dolore pulsante al centro del petto. Osservò la donna, immobile nel letto, davanti a lui. Sguardo smarrito, mani portate davanti alla bocca, gambe aperte, spalancate, ospitali, accoglienti... e allora l’uomo intuì il suo errore.

Si era fermato. Era sceso dall’onda del piacere nel momento meno opportuno. Aveva gettato acqua sul fuoco, spegnendo l’incendio di passione che divampava. Di scatto, reagendo a un istinto sciocco, si gettò a capofitto laddove fino pochi secondi prima la sua lingua era in grado di dare brividi. Cozzò duramente contro la pietra dura e fredda, spaccandosi un labbro. Si tirò su ancora una volta. E la guardò. Fissò le lacrime sul volto della donna. E l’amarezza, prima ancora che il sortilegio, lo vinse.

Non cercò di scappare. Non fece quello che avevano tentato di fare molti prima di lui. Rimase lì a fissarla con quanta più dolcezza poteva. Anche se non era sufficiente, non più. Poi il gelo esplose dentro di lui, fino a che come il castello intero, come la Regina, come tutti gli altri, anche Giorgio si trasformò in pietra. In diamante. Prezioso, inutilmente prezioso.



* * *



Desiderio.

O peccato.

Non ne era sicuro, Alessio, ma in qualche misura uno dei due doveva pure prevalere sull’altro. Nascevano quasi insieme, questo era il problema.

Giulia e Giorgio. Questo era il suo peccato. Nato nel momento in cui lo aveva fatto sapere a Lidia. Un messaggio anonimo, vigliacco. Però efficace.

Lidia. Questo era il desiderio. Per quel motivo era lì, aveva potuto accompagnare Giorgio. Solo gli uomini con un grande desiderio o un grande peccato conoscevano la Regina e ne trovavano la reggia.

Alessio celava entrambi.

Ma lui non era un bravo amante. Non quanto Giorgio, perlomeno. Ma se lo aveva spinto con l’inganno nella dimora di diamanti era perché nessuno poteva soddisfare la Regina.

Ma non riusciva a cancellare un dubbio. Nessuno? Forse un uomo con un desiderio enorme, macchiato da un peccato terribile... forse, pensava Alessio, calcolando mentalmente il tempo che Giorgio rimaneva nella reggia.

È passato troppo tempo. Non ce l’ha fatta. La Regina lo ha preso con sé... ma forse io... forse.

Aveva deciso che non avrebbe tentato.

La dimenticherò, Lidia, si era promesso. È meglio per tutti. Se l’era promesso, sì. E se l’era ripetuto più volte mentre se ne stava lì fuori.

Non proverò non proverò non proverò.

Poi alzò lo sguardo e fissò il grande cancello fatto di diamanti. E la reggia, più dietro. Un grande desiderio... forse ce la poteva fare. Mosse un passo in avanti. Gli altri vennero più facili. La paura giunse solo dopo, molto dopo. Quando era troppo tardi per tornare indietro.

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Ringraziamo Andrea Franco, giudice di questa gara n. 6 genere Horror, per aver offerto in lettura questo suo bel racconto!
[Magla staff] 

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