Eccoci ad annunciare i vincitori della gara del contest letterario Arcobaleno d'Inchiostro, sul genere romantico.
Prima di passare alla proclamazione dei migliori racconti vogliamo fare una piccola precisazione: tanti sono stati i racconti inviati che abbiamo deciso di non premiarne solo uno, bensì tre!
Quindi da parte dello staff di Magla, l'isola del libro, facciamo i più sinceri complimenti agli autori selezionati e ringraziamo tutti i partecipanti per averci sommerso di racconti!
Ma ora arriviamo al momento clou di questa gara 1 (genere Romantico), del nostro contest dei generi letterari: ecco i vincitori!
Il giudice di questa prima sfida, Laura Bassutti, ha decretato i vincitori, e quindi lasciamo a lei la parola...
Ma ora arriviamo al momento clou di questa gara 1 (genere Romantico), del nostro contest dei generi letterari: ecco i vincitori!
Il giudice di questa prima sfida, Laura Bassutti, ha decretato i vincitori, e quindi lasciamo a lei la parola...
Voglio innanzitutto fare i miei complimenti ai diversi autori che hanno partecipato al contest Arcobaleno d’inchiostro per il livello sicuramente buono e apprezzabile dei loro racconti.
Proprio per questo, con il team di Magla abbiamo pensato alla possibilità di concedere una menzione d’onore a un autore e a un’autrice per i loro testi, oltre alla proclamazione del racconto vincitore.A questo punto, rendo note le mie decisioni...
RACCONTO VINCITOREAlwaysFrancesca Faramondi
Con una prosa elegante nella sua sobrietà, l’autrice narra di un amore proibito, del dolore, del sapore acre della rinuncia e del ricordo, unico compagno di un uomo solo, che non ha più né desideri né speranze.Always è la storia del sentimento intenso che unisce Clara e Will. Lei ballerina al Palomina, una sala da ballo dei tempi passati, lui cliente ricco capace di riservare l’intero carnet di Clara, impegnandola per tutta la serata danzante. Anche se non balleranno mai insieme, nemmeno una volta sola.Si innamorano, questo importa, ma il loro sentimento non vivrà al di là e al di fuori di quella sala da ballo.Lei è sposata, prigioniera di un matrimonio d'apparenza, di un presente fatto di un inganno malato e della recita ossessiva del marito che, ormai senza lavoro, continua a simulare un ruolo professionale e di vita che non gli appartengono più.Clara ama profondamente Will ma, nonostante lo sfacelo del suo patetico e triste ménage coniugale, rinuncia a lui perché decide di donare il suo cuore e la sua vita a Bobby, il suo bambino.Le serate trascorse a parlare con Will, perduti l'uno negli occhi dell’altra, la compaesano di ogni cosa e riscattano il grigiore della vita di entrambi fino a che accade l’inevitabile: il marito di viene a sapere di loro.Clara abbandona il Palomina, negando a Will quell’unico e ultimo ballo che potrebbero danzare insieme sulle note di una canzone, Always che suonava quando si incontrarono. Si allontana per sempre da lui lasciandogli il ricordo di quell’unico bacio che si daranno nella sala da ballo, fra la folla, incuranti di ogni cosa.Un addio senza speranza, il loro.Gli anni passano, la sala da ballo diviene un ristorante, il protagonista invecchia ricordando testardo e triste il suo amore passato. Fino a che il Palomina riapre nuovamente e Will riprende a frequentarlo, cullandosi nel pensiero di quel viso amato fino a che la vita gli farà un dono inaspettato, sorprendente.Ancora una volta sulle note di Always.Francesca Faramondi ci regala nello spazio di poche righe, in un racconto ben costruito, emozioni struggenti, personaggi di grande intensità e drammaticità, un’ambientazione originale e suggestiva.
MENZIONE SPECIALE AUTOREForte come la morteMarco Bertoli
Ambientazione mitteleuropea, memorie d’Asburgo, citazioni classiche in questo bel racconto nel quale l’amore sembrerebbe tradursi in seduzione e intrigo, in uno strumento nelle mani abili di una bella spia austriaca, Margit. Intelligente, cinica, affascinante, un’autentica femme fatale al servizio dell’Impero Austroungarico. Pronta a tutto pur di carpire un segreto al nemico italiano, ex alleato.Margit è in grado di recitare con maestria e abilità il suo ruolo di seduttrice fra balli sontuosi e hotel di gran lusso, fino a che non incontrerà un avversario fin troppo degno di lei, il capitano del reggimento di cavalleria sabaudo Altiero Galeotti. Fascinoso, impeccabile, interessante, la protagonista se ne innamora perdutamente.Un amore che le costerà la vita, perché nella partita con l’avvenente capitano, la cui dolcezza e giovinezza nascondono un’abilità e una freddezza insospettate e sorprendenti, la giovane e bella spia sarà sconfitta dalla forza di quel sentimento dirompente che non saprà dominare, al quale si abbandonerà completamente, descrivendolo nel suo diario, come la più tenera e romantica delle fanciulle innamorate.Margit, vinta, scoperta, troverà la morte: sacrificio supremo in onore del paese che ha servito, scherzo beffardo dell’amore che non le è permesso di vivere.Nell’ultimo istante di quella sua esistenza breve, azzardata e affascinante, avrà però accanto a sé l’uomo che ama e che della sua fine è causa e artefice: quel loro ultimo istante insieme diverrà eterno. Per entrambi.Marco Bertoli propone una trama complessa, ben articolata e sviluppata, ricca di emozioni, disegnando protagonisti fascinosi e incisivi che si muovono in un atmosfera evocativa di grande impatto.
MENZIONE SPECIALE AUTRICEAmareAdelaide Melato
Un inno all’amore per Leda, dolce e appassionata che sa amare le cose grandi e piccole che fanno parte della vita di ognuno. Leda ama il mare, gli alberi che vorrebbe abbracciare, la luna che immagina ruvida come una buccia d’arancio, i suoi libri…E ama soprattutto Luca, di un amore profondo, intenso e tenace che mitiga e supera il sarcasmo di lui, i suoi sbalzi d’umore, il suo perenne sfuggire, il suo darsi quel tanto che basta. Fino a che la verità la colpisce come uno schiaffo e Leda si rende conto che il suo Luca non è null’altro che una bugia, un simulacro bello e vuoto dietro al quale si nasconde qualcuno che lei non conosce e che l’abbandona, forse senza nemmeno un rimpianto.E Leda sembra perdere quella sua bella e intensa capacità di amare fino a che, una sera, dinanzi al fuoco acceso, un semplice gesto, profondo ed eterno, le restituirà il suo mondo, quel suo dono prezioso che diverrà ancora più intenso.Adelaide Melato con una scrittura lieve, garbata e accurata, sa coinvolgere nella vicenda che narra, toccando la sensibilità del lettore che si sentirà sempre vicino a Leda, ne seguirà con attenzione l’evoluzione da creatura piena d’amore a donna delusa proprio dal sentimento che tanto le appartiene ma che apprenderà che anche le ferite più profonde e laceranti possono guarire. Grazie all'infinito miracolo dell'amore.
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Ecco quindi i racconti premiati
racconto vincitore
Always
Francesca Faramondi
L’amavo e lei amava me, anche se non ce lo siamo mai detti; o almeno non come avrei voluto io.
Io sarei salito sui tetti degli edifici più alti per gridarlo a squarciagola al mondo, ma non si poteva. Eppure come gridavano le mie mani quando la sfioravano, i miei occhi quando si tuffavano nell’azzurro dei suoi, le mie labbra in quell’unico bacio rubato.
Clara era sposata.
Il suo matrimonio era finito da tempo, lo sapevano entrambi, ma il marito la costringeva a recitare una farsa per un distorto concetto di onore, rispetto e famiglia.
L’apparenza: ecco cosa contava per George.
Aveva perso il lavoro da anni, eppure tutte le mattine si vestiva con giacca e cravatta e si recava in un ufficio chiuso da tempo, tutto per far vedere ai vicini che lui non era un fallito e non lo sarebbe mai stato.
Andavano avanti grazie ai sussidi governativi, spesso non avevano niente da mangiare la sera, eppure George non vendeva quella sua stupida macchina, simbolo di qualcosa che non sarebbe più stato.
Clara aveva cominciato a lavorare per mettere un po’ di pane in tavola.
Lo faceva di nascosto da suo marito che, per il suo stupido orgoglio, non lo avrebbe mai permesso.
Faceva la ballerina al Palomina.
Per intenderci niente a che vedere con le ballerine di oggi, che si strusciano ad un palo mezze nude, sotto i riflettori e gli sguardi lascivi di uomini che allungano soldi nella speranza di possedere quei corpi senza anima.
Clara era una donna di classe.
Gli uomini pagavano dieci centesimi per un ballo con lei o con le altre ragazze, e l’incontro durava il tempo di un lento, un fox-trot o un boogy-woogy.
La prima volta che la vidi l’orchestra suonava “Always”.
Era bellissima.
Alta, bionda, gli occhi così azzurri da fare invidia al mare, Clara sembrava un angelo appena sceso dal cielo con lo sguardo confuso e stupito di chi non sa ancora bene cosa fare.
Entrò nella sala quasi in punta di piedi, ma irruppe violentemente nel mio cuore.
Non feci niente quella sera.
Rimasi seduto al mio tavolo a schiumare rabbia ogni volta che un uomo la stringeva a sé.
La sera seguente comprai tutto il suo carnet.
Ma non ballammo, non ballammo mai.
Parlammo, tanto, di tutto.
Era così facile parlare con lei, come se le nostre anime si fossero sempre conosciute e gli anni passati lontani non fossero stati altro che una continua ricerca dell’altro.
Le raccontai di mia sorella che se ne era andata di casa a quattordici anni e che non avevo più rivisto, di mia madre che era capace di sfamare un esercito con un pranzo per due persone, di mio padre a cui a malapena riuscivo a dire ciao.
Io al contrario di lei ero ricco. Avevo cominciato a guadagnare mentre tutti erano in crisi. Avevo più soldi di quanti sarei stato capace di spendere in tutta la mia vita, ma ero solo…terribilmente.
Avevo tutto eppure passavo le mie sere ad affogare la mia solitudine in un bicchiere d’alcool…almeno finché non avevo trovato un mare più bello in cui annegare, quello dei suoi occhi.
Lei mi raccontò di suo marito, di come lo odiava, di come detestava la sua falsità, di come si sentisse prigioniera della casa di bambole che George le aveva costruito intorno.
Clara era una donna forte, avrebbe potuto lasciare George in qualunque momento e lo avrebbe fatto se non ci fosse stato Bobby.
Aveva paura per suo figlio.
Le assicurai più volte che mi sarei preso cura di entrambi, che avrei voluto bene a Bobby come forse nemmeno suo padre gliene aveva mai voluto, ma lei ogni volta scuoteva il capo, bellissima nella sua dignità.
Poi accadde.
12 marzo 1938.
Non scorderò mai quella data.
Il nostro ultimo incontro.
Come al solito avevo comprato tutto il suo carnet.
Quella sera l’orchestra avrebbe suonato la nostra canzone ed ero deciso a ballare con lei.
Non appena la vidi capii subito cos’era successo.
Aveva gli occhi arrossati dal pianto.
Suo marito sapeva.
Si lasciò cadere sulla sedia con la fatalità di un condannato a morte.
Le strinsi la mano, poi la costrinsi a guardarmi.
Ciò che vidi mi strinse il cuore in una morsa.
“Parto” bisbigliò tra le lacrime.
Rimasi a bocca aperta, pietrificato.
Non sapevo che fare.
“Stupido” gridavo a me stesso “Prendila con te, portala via. Fuggite insieme. Forza Will che cavolo di uomo sei!”
Oh come avrei voluto e lo avrei fatto, ma lei scosse la testa come se mi avesse letto nel pensiero e mi sorrise appena, un sorriso triste che non le arrivò mai agli occhi.
Si alzò.
Non potevo farla andare via così.
La strinsi forte a me e la baciai.
Al diavolo gli sguardi degli altri, i bisbigli maligni, al diavolo tutti.
C’eravamo solo noi e quel bacio salato dalle nostre lacrime.
Avrei voluto rimanere così per sempre.
Quando si staccò da me le diedi il tagliando per “Always”.
“Stasera?” domandò con un groppo in gola.
Feci segno di no con il capo.
Non potevo, non volevo che la canzone del nostro incontro diventasse anche la canzone del nostro addio, non volevo trovarmi ad odiare quelle note che l’avevano portata a me.
Lei sorrise, poi scappò via.
Rimasi immobile finché non scomparve dalla mia vista, e dalla mia vita.
Nonostante mi rendessi conto dell’inutilità del mio gesto continuai a tornare ogni sera al Palomina.
Vi andai finché non chiuse e non venne trasformato in un ristorante.
E allora cominciai ad andare tutte le sere a quel ristorante.
Non riuscivo ad abbandonare quelle mura che profumavano ancora di lei.
Ora il Palomina è tornato ad essere una sala da ballo: si chiama Retrò.
È un locale per i nostalgici degli anni ’40 e ’50.
L’orchestra suona vecchie canzoni e le persone ballano lenti, fox-trot e boogy-woogy.
Il locale è frequentato da gente della mia età che si aggrappa ai ricordi di gioventù e da giovani curiosi.
Tutti mi conoscono.
Sono il vecchio strambo, dall’aria triste, che sta sempre seduto al solito tavolo e non balla mai.
“Signori e signore buonasera” esordisce il bassista “Stasera apriremo le danze con un lento. Abbracciatevi stretti sulle note di Always”.
Mi alzo.
Non voglio sentire questa canzone, non lo più sentita da 60 anni, l’ho evitata per anni.
Sto per andare via quando qualcuno mi sfiora.
Mi volto e rimango a bocca aperta.
È lei.
Nonostante i capelli bianchi, le rughe, l’espressione stanca di chi nella vita ha sofferto troppo.
Non posso sbagliare.
Sorrido.
“È ancora valido questo?” domanda tendendomi un tagliando mezzo cancellato dal tempo.
Faccio un segno con il capo e la stringo forte a me.
Il nostro ballo.
L’orchestra comincia a suonare.
Always…per sempre.
menzione speciale autore
Forte come la morte
Marco Bertoli
«Ma come del mattin la figlia, l'alma dalle dita
di rose Aurora apparve»… I versi emersero nitidi nella mente di Margit,
interrompendo la tempesta di pensieri che le artigliava furiosa l’animo. Rivide
come fosse stato il giorno prima, ed erano passati anni, i tratti arcigni e
severi del suo vecchio professore di Latino e Greco addolciti da una reale
commozione. Nell’aula provvisoria della neonata Sezione “Ginnasiale–tecnica”
del Liceo Ginnasio “Dante Alighieri” di Trieste, gli occhi color ghiaccio di
quell’uomo solitamente austero e privo di manifeste emozioni si scioglievano
senza pudore nel declamare con enfasi gli esametri di Omero che narravano
dell’amore tra Calipso e Ulisse.
L’algido chiarore che in quel
momento si affacciava incerto dalla minuscola feritoia della cella non le
offrì, però, il conforto misericordioso di una qualche tonalità rosea o calda:
era una luce cruda, grigia e livida come il suo bel volto di giovane donna
seduta rigida e composta sul bordo della scomoda branda di legno. A venticinque
anni è difficile, quasi una bestemmia contro natura, accettare l’idea che
quello cui si sta assistendo è il sorgere dell’ultima alba che ci sarà concesso
di vedere. Eppure, da lì a poco, sarebbero venuti a prenderla e la sua breve
vita avrebbe valicato gli abissi del nulla. Un brivido le zampettò maligno
lungo la schiena.
Figlia di genitori giuliani
nelle cui vene, però, scorreva profonda un’incrollabile fede asburgica, Margit
aveva accolto con l’entusiasmo della gioventù la proposta di servire Sua
Altezza, l’Imperatore Francesco Giuseppe, come Agente nei Servizi Segreti,
qualifica altisonante per definire il subdolo e spregiato mestiere di spia. Pur
nella piena consapevolezza che una corda stretta al collo, una pallottola nel
petto o una pugnalata nella schiena sarebbero state il suo destino più
probabile, tuttavia non aveva esitato nella scelta, convinta di agire per il
bene della Patria. Nulla di più romantico, poi, del morire come una delle
eroine dei suoi romanzi preferiti o dell’epica antica!
Anche adesso, infatti, in
quella trepida attesa della fine, non era la certezza della morte a macerarla e
straziare il suo intimo nell’angoscia, bensì il tragico pensiero che il nemico
che l’aveva scoperta era stato proprio l’uomo di cui si era innamorata a prima
vista.
Nell’immenso e scintillante
salone da ballo, un folle tripudio di specchi barocchi e lampadari di fine
cristallo, in mezzo allo sbocciare di sontuosi abiti da sera di lucido raso e
di uniformi di gala dalle innumerevoli fogge, corolle variopinte intrecciate
nelle complesse armonie delle danze, quell’ufficiale di cavalleria dall’aria
timida e trasognata, le maniere affette da una leggera goffaggine, spiccava
come un alto girasole arancione in un verde prato di bianche margherite e
papaveri rossi.
Il cervello aveva subito
suggerito a Margit che quell’uomo che cercava di mimetizzarsi in un angolo
sarebbe stato la vittima ideale per raccogliere le informazioni di cui aveva
estremo bisogno l’Alto Comando Austriaco per stilare i piani operativi della Strafexpedition, la “Spedizione
punitiva” destinata a vendicare il tradimento dell’ex’alleato.
Il suo cuore, al contrario, era
trasalito ebbro di speranza, folle di gioia come l’assetato in vista dell’oasi,
strappandole un gemito di fisica disperazione nel rammentarle: «Somiglia agli
dei che hanno dimora nel cielo infinito. Oh, se potesse un uomo così essere
detto mio sposo».
In un respiro, lo spirito aveva
compreso che era l’Amore.
Di
quella sera aveva annotato nel diario dell’anima ogni particolare, miniandolo
con scrupolo certosino: dal primo approccio “fortuito” al buffet al tiepido
bacio tremante che, immersi nell’oscurità complice del parco della villa, era
stata quasi costretta a rubare alla ritrosa inesperienza del suo cavaliere.
Il capitano del 3° Reggimento
“Savoia Cavalleria” Altiero Galeotti si guardò allo specchio un’ultima volta,
controllando che i bottoni metallici della divisa fossero allineati
perfettamente. Il riflesso impassibile gli restituì, oltre a un’uniforme
impeccabile, l’immagine seria di un giovanotto di ventotto anni, il fisico
temprato dall’esercizio all’aria aperta, l’aspetto piacevole, l’espressione
ingenua del cucciolo che ispira tenerezza. Dietro la maschera da innocuo
micino, tuttavia, si nascondeva ben altro: un leopardo astuto e vigile, pronto
ad azzannare la preda troppo incauta. Sistemando una decorazione verde già
esattamente allineata alle altre, pensò agli occhi da gazzella della sua ultima
vittima, una giovane spia austriaca che, ostentando un trasporto amoroso nei
suoi confronti, l’aveva avvicinato per cercare di carpire preziosi segreti
militari.
Gli scorsero davanti agli occhi
balli spensierati, cene romantiche, passeggiate al chiaro di luna, intanto che
nelle orecchie si dipanava una sinfonia di risate tintinnanti come gioielli di
ghiaccio, di veementi frasi di amore e di sospiri rauchi appassionati prima che
lui la addentasse alla gola. Un altro successo nella sua fulgida carriera.
Scosse
deciso la testa come aveva fatto il colonnello De Amicis quando gli aveva
chiesto di poter comandare il plotone d’esecuzione.
Margit lo rivide quando,
scortata da due silenziosi soldati e seguita dal cappellano che mormorava
giaculatorie di suffragio, uscì nel cortile della fortezza. Ebbe un sussulto
nel petto: com’era bello!
La schiena dritta, inespressiva
come un automa, si lasciò condurre docilmente di fronte al muro che segnava il
termine della sua esistenza. Chinò la testa ricevendo l’ultima benedizione e
respinse con un lieve cenno della fronte la benda che una delle guardie le
porgeva con ruvida galanteria. Guardò dritta davanti a sé i dodici soldati e il
sergente alla loro sinistra, immobili a nemmeno dieci metri di distanza, i
fucili a pied’arma. Non si accorse del mormorio inquieto tra i militi e del
viso stralunato del sottufficiale: le parvero figure indistinte, un’unica
macchia verdastra.
Il capitano Galeotti si
avvicinò a passi lenti, fermandosi al suo fianco. Uno sguardo rapido come il
fulmine, dapprima stupito, poi immenso quanto l’eternità, li congiunse.
«Plotone, Attenti!... Plotone,
Bracc’arm!». La voce di Altiero risuonò secca nel silenzio dell’alba mentre
sguainava la spada e si metteva in posizione di saluto.
«Plotone, Puntate!... Mirate!».
Margit chiuse le palpebre.
Sospirò. Il momento era giunto.
Sentì una mano ferma e calda
stringere la sua, più gelida della neve. Non le importò più di morire.
«Fuoco!».
…perché forte come la morte è l’amore.
menzione speciale autrice
Amare
Adelaide Melato
Leda
amava.
Fin
da piccola, quando dalla culla bianca guardava le nuvole dipinte sul
soffitto, amava il cielo. Amava la luna. Aspettava di diventare
abbastanza grande e abbastanza alta da poterla accarezzare e scoprire
quale fosse la sua consistenza. La immaginava ruvida, come
un’arancia.
Amava
i fiori e il profumo della terra subito dopo la pioggia. Amava il
bosco poco distante da casa. Amava il suo albero, un abete. Stirava
le braccia più che poteva. Avrebbe voluto racchiuderlo in un suo
abbraccio, riscaldare la corteccia fredda e fargli sentire che lei
c’era, ma non riusciva neppure a far sfiorare le dita.
Amava
studiare.
Amava
il vestito indossato per il suo primo colloquio di lavoro dopo la
laurea, quello andato male.
Amava
i suoi libri. Il loro profumo, i dettagli delle rilegature. Si
chiedeva come delle pagine così sottili e leggere, riuscissero a
contenere tutte quelle emozioni.
Amava
la musica e le canzoni che descrivono perfettamente le tue emozioni,
quelle che quando finiscono le rimetti da capo, ancora e ancora.
Amava
scrivere. Guardava il mondo con gli occhi dei suoi personaggi, essere
se stessa la imbarazzava.
Amava
i pasticcini alla crema e il tè nero.
Leda
amava lui.
La
sua voce.
Amava
quando appena sveglio, con i capelli scompigliati e l’aria
assonnata si sedeva al tavolo della cucina e aspettava il suo caffè
ristretto senza nessun ‘buongiorno’. Gli servivano almeno venti
minuti per farsi strada tra i pensieri confusi e i ricordi del giorno
precedente.
Amava
sentirsi al sicuro avvolta tra le sue braccia.
Amava
ascoltarlo. Le parole fuoriuscivano in ordine dalle sue labbra. Le
raccontava di lui e del suo passato con quella voce bassa e roca che
Leda amava tanto.
Una
volta aveva pianto, parlandole della sua infanzia. Leda lo aveva
stretto a se accarezzandogli i capelli finché non smise. La faceva
sentire importante. Come un illusionista, giocava con le immagini e
le faceva credere di essere diversa.
«
Non capisco perché...» le aveva detto una sera guardandola.
«
Perché cosa? » Leda aveva chiuso il libro e si era seduta di fianco
a lui. Gli spostò i capelli dalla fronte e gli accarezzò la
guancia. Lui chiuse gli occhi, e si appoggiò contro il palmo.
«
Non capisco perché distruggo tutto quello che costruisco»
Leda
lo amava. Era perdutamente innamorata dell’uomo che le aveva
insegnato ad odiare.
Luca
esisteva.
Esisteva
e basta.
Guardava
la vita scivolargli addosso, immobile. Aveva conosciuto il dolore e
gli si era arreso.
Senza
combattere.
Luca
mentiva.
Viveva
nelle sue maschere, nelle sue bugie, fino ad ingannare se stesso.
Aveva raso al suolo il confine tra verità e menzogna. Leda cercava
invano di ricostruirlo. Non lo ascoltava più, stava a sentire ciò
che aveva da dirle chiedendosi quante erano le bugie celate, da
quella voce così bella.
Luca
aveva cambiato la sua storia aggiungendo dettagli, inserendo persone,
parole, emozioni mai esistite. Il suo passato era rimasto sepolto
sotto le parole, dove nessuno avrebbe mai potuto recuperarlo. Nemmeno
lui.
I
bugiardi perdono i loro ricordi e se senza che tu te ne accorga, si
prendono i tuoi.
Luca
non amava se stesso.
Cercava
negli occhi degli altri, un riflesso migliore di sé.
Aveva
visto amore negli occhi di Leda. Ma lui voleva sempre di più, allora
mentiva.
Erano
così belle le sue bugie, tanto da sembrare favole. Tanto da sembrare
vere.
Luca
non soffriva.
Servo
del dolore, sapeva che quando tutto crollava doveva cercare un posto
nuovo in cui creare qualcosa di bello da distruggere.
Leda
era rimasta sola tra le macerie della sua vita, mentre il freddo le
gelava le ossa.
Le
bugie sono come i tasselli del domino. Basta smuoverne uno per far
cadere tutti gli altri.
Leda
amava Luca.
Lo
aveva amato dal primo momento, nonostante fosse irascibile,
arrogante, saccente.
Per
la sua intelligenza, il suo sarcasmo.
Lo
amava perché non passeggiava, senza i suoi pantaloni mimetici.
Lo
amava perché si offendeva, se non le piaceva ciò che aveva
cucinato.
Lo
amava perché non la lasciava mai vincere, quando giocavano a carte.
Leda
amava Luca. Ma Luca non esisteva.
L’uomo
di cui si era perdutamente innamorata era una bugia, e colui che le
stava davanti ne era solo l’involucro vuoto.
Era
alto come lui, magro come lui, con gli stessi occhi e la barba
incolta, ma non era il suo Luca.
Non
avrebbe mai saputo quale fosse la consistenza della sua anima, ma la
immaginava ruvida come un’arancia, come la luna, che anche da
grande e anche se alta, non era mai riuscita a toccare.
Pianse,
sui cocci di ciò che lui andandosene aveva distrutto.
Non
ne parlava con nessuno, non sapeva che cosa dire.
A
natale le strade prendono vita come per magia.
Le
luci si riflettono sulle vetrine e la neve si accumula sulle panchine
e sui bordi dei marciapiedi. Le persone sorridono e si abbracciano
più spesso.
Leda
camminava accanto alle vetrine senza guardarle.
Uscire
era stata una pessima idea. Rischiava di inciampare, di scoppiare in
lacrime, di incontrare qualcuno che gli somigliasse.
Sentì
qualcosa di freddo caderle sul naso. Si fermò e alzò lo sguardo.
La
neve le andava incontro lentamente, volteggiando leggera.
Leda
si voltò.
Al
di là del vetro, una culla ricoperta da un velo bianco.
Era
così grande e così forte il suo dolore che avrebbe potuto viverci
dentro. Ma non aveva tempo.
Quella
sera, seduta di fronte al camino spento con le braccia avvolte
intorno alla pancia, capì.
Leda
amava.
Amava
la sabbia, il profumo della cannella e del caramello. Il blu, i
piumoni e i quadri impressionisti.
Leda
odiava.
Odiava
le bugie. Odiava le favole.
Ma
non importava, ciò che lei amava e odiava non importava più.
Non
importava chi fosse Luca. Non importava quanto avesse sofferto né
quanto l’avesse amato.
Niente
importava.
Sorrise
accovacciandosi.
Poggiò
una mano sul pancione e lo accarezzò.
Leda
amava sua figlia.
Era
perdutamente innamorata della loro bambina. L’unica verità.
«C’era
una volta…» le bisbigliò.
___________
Ecco l'elenco completo dei partecipanti
"Always" di Francesca Faramondi
"Amare" di Adelaide Melato
"Amore a prima vista" di Arianna Berna
"Amare" di Adelaide Melato
"Amore a prima vista" di Arianna Berna
"Cristian e Isabela" di Antonio Borghesi
"Dillo alla luna" di Daiela Zampolli
"Donne e motori" di Giovanna Avignoni
"Dillo alla luna" di Daiela Zampolli
"Donne e motori" di Giovanna Avignoni
"Forte come la morte" di Marco Bertoli
"Giorni Perduti" di Annalisa Rizzi
"Il basco grigio" di Matteo Iacobucci
"Il basco grigio" di Matteo Iacobucci
"Il bivio" di Isabella Gravina
"Il cuore lo sa prima" di Paola Trevi
"Il cuore lo sa prima" di Paola Trevi
"La morte di Rigena" di Demetra Efthymiou Raposa
"La piuma del Destino" di Paola Paudice
"L'amore involontario" di Barbara Comeles
"L'ultimo chiaro di luna" di Daniele Imbornone
"Naufragio" di Violaliena
"Rewind" di Carla Monaldi
"Rose Rosse" di Pasqualina D'Ambrosio
"Scheggia" di Valerio Vozza
"L'amore involontario" di Barbara Comeles
"L'ultimo chiaro di luna" di Daniele Imbornone
"Naufragio" di Violaliena
"Rewind" di Carla Monaldi
"Rose Rosse" di Pasqualina D'Ambrosio
"Scheggia" di Valerio Vozza
"Un volto dal passato" di Bianca Fasano
"Una storia da raccontare" di Diego Zucca
"Una storia da raccontare" di Diego Zucca
"Una storia d'autunno tra due città" di Eufemia Griffo
"Violante e Aldebrando" di Alessandro De Soller
Grazie di cuore al team di Magla per l'opportunità che mi ha offerto. L'esperienza è stat interessante e utile, il livello dei racconti notevole. I miei complimenti agli autori!
RispondiEliminaComplimenti a tutti e tre e a Laura Bassuti! Tra l'altro ho appena appena finito il romanzo l'Avvoltoio di Bertoli, che mi è piaciuto molto. Mi fa quindi piacere vedere la menzione d'onore ;)
RispondiEliminaAlessandra\Ginny
Ringrazio di cuore per l'opportunità che mi e' stata data e per la toccante motivazione che mi ha commosso. Complimenti anche alle altre autrici!!! Grazie anche Ginevra Wilde per avere apprezzato il mio romanzo: ne sono veramente felice!
EliminaMarco Bertoli
Appena tornata da scuola, ho trovato questo bellissimo regalo.
RispondiEliminaCorrendo il rischio di sembrare banale, ringrazio tutti di cuore.
Grazie al team per l'opportunità, e Laura Bassutti per il bellissimo commento.
Complimenti anche a Marco e Francesca.
Grazie ancora.
Adelaide.
I tre che ho letto sono veramente molto belli con una prosa romantica fantastica. Bravissima la vincitrice ma anche il secondo e la terza di grande livello. Complimenti. E gli altri...dove si possono leggere?
RispondiEliminaGrazie a tutti voi per i complimenti. A Subacqueo itinerante rispondo che: solo i racconti vincitori vengono pubblicati, gli altri - almeno per il momento - non è possibile leggerli on line. Ma stiamo valutando soluzioni alternative... ;-P
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