«E adesso sdraiatevi supine, mani in alto sopra la testa, al mio via sollevatevi e poi giù, inspirate, espirate. Pronte? Uno! Due!... »
La voce dell’istruttore, prima forte e chiara, mi giunge a malapena. Sono troppo concentrata ad apparire rilassata e sorridente, ma il corpo mi trema così tanto che, a ogni addominale, sembra che infili due dita nella presa di corrente. Mi sollevo cinque centimetri in tutto, ma ho l’impressione che, a parte le braccia, le spalle restino inchiodate sul tappetino. Eppure anch’io una volta ero un habitué delle palestre e di ogni esercizio portavo a termine le mie tre serie da trenta. Forse questo ricordo è stato alla base del mio errore di valutazione quando, dopo tre anni di divano, ho deciso di ritornare.
La scintilla si è innescata ieri sera.
«Mammina?» mi chiama Chiara, lasciando il Nintendo.
«Dimmi tesoro».
«Stavo pensando, ora che il fratellino è nato, come mai la tua pancia non si è sgonfiata? Ne hai un altro?» lo dice così, innocentemente, senza comprendere cosa sottintendano le sue parole.
Istintivamente i miei occhi scendono sulla parte incriminata e mio marito sogghigna prima di ricevere un gomito nel costato. Mi sforzo di sorridere in realtà vorrei gridare.
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