domenica 14 giugno 2015

La bambina del fuoco di Eufemia Griffo [incipit]

(racconto liberamente ispirato al libro di Mario Rigoni Stern "Il soldato della neve")


Una vita, tante vite, unite in un unico immenso dolore che ancora oggi risiede nella mia anima, come un abito lacero cucito sulla pelle che invecchia.
Fotogrammi in bianco e nero scorrono nella memoria d’un uomo invecchiato negli anni più belli, all’ombra nera d’una guerra che recise mille fiori dai colori di morte.
Un infame destino rubò scampoli di vita e i sogni di coloro che mai più videro l’azzurro cielo della terra che li accolse nel grembo materno.
Scorrono volti, ancora fanciulli, di uomini non uomini, e donne e bambini, che ora mi appartengono come figli e fratelli.
Era una notte d’inverno, sentivo voci soffuse provenire da lontano, tra la gelida neve e passi ovattati.
Ricordo solo un freddo che ottenebrava ogni misero pensiero, i miei piedi che sembravano marmo di ghiaccio ed il mio volto coperto di gelo.
Freddo e tanto freddo e poi…il nulla.
Non avevo alcuna cognizione del tempo trascorso e quando mi svegliai ciò che vidi mi apparve strano come se quel mondo fosse uscito da una storia ancora mai narrata.
Una bambina avvolta da un mantello di folta pelliccia nera, girava e rigirava un pentolone che cuoceva sul fuoco del camino, alimentato da ceppi. Sentivo nell’aria un odore che mi ricordò la mia casa, quell’incedere lento di giorni normali che diventavano speciali, quando eravamo seduti tutti intorno ad un tavolo.
Una vita, tante vite, unite in un unico immenso dolore che ancora oggi risiede nella mia anima, come un abito lacero cucito sulla pelle che invecchia.
Fotogrammi in bianco e nero scorrono nella memoria d’un uomo invecchiato negli anni più belli, all’ombra nera d’una guerra che recise mille fiori dai colori di morte.
Un infame destino rubò scampoli di vita e i sogni di coloro che mai più videro l’azzurro cielo della terra che li accolse nel grembo materno.
Scorrono volti, ancora fanciulli, di uomini non uomini, e donne e bambini, che ora mi appartengono come figli e fratelli.
Era una notte d’inverno, sentivo voci soffuse provenire da lontano, tra la gelida neve e passi ovattati.
Ricordo solo un freddo che ottenebrava ogni misero pensiero, i miei piedi che sembravano marmo di ghiaccio ed il mio volto coperto di gelo.
Freddo e tanto freddo e poi…il nulla.
Non avevo alcuna cognizione del tempo trascorso e quando mi svegliai ciò che vidi mi apparve strano come se quel mondo fosse uscito da una storia ancora mai narrata.
Una bambina avvolta da un mantello di folta pelliccia nera, girava e rigirava un pentolone che cuoceva sul fuoco del camino, alimentato da ceppi. Sentivo nell’aria un odore che mi ricordò la mia casa, quell’incedere lento di giorni normali che diventavano speciali, quando eravamo seduti tutti intorno ad un tavolo.

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