venerdì 12 giugno 2015

Ma chi glielo ha fatto fare - di Antonio Borghesi [incipit]


Siamo appena rientrati da una veleggiata, col fido “OLD TOY”, da Marina di Grosseto all’isola di Giannutri, l’ultima isoletta verso sud dell’Arcipelago Toscano, a otto miglia nautiche dall’isola del Giglio. Col bel tempo abbiamo ormeggiato in Cala Maestra poi, col tender, ci siamo portati a una scalinata che, dalla spiaggia, risale fino alle rovine di un’antica villa che occupa ben cinque ettari. Ogni piè sospinto ci sono vecchi cartelli arrugginiti che vietano la visita a quelle splendide vestigie romane. Dovremmo rispettarli ma nemmeno chi è preposto alla conservazione di questi luoghi sembra rispettare il passato e allora anche noi ce ne freghiamo. Le informazioni del web, dai nostri cellulari, raccontano che quella villa meravigliosa fu costruita attorno agli anni 29 d.C. da Gneo Domizio Enobarbo. Chi era costui? Ma soprattutto chi glielo aveva fatto fare di costruire in un luogo così remoto, per quei tempi, e perfino senz’acqua potabile? Gneo, quando non pioveva, l’acqua se la doveva portare da Roma, via mare, con le anfore e gli otri per riempire le cinque immense cisterne comunicanti che aveva fatto scavare sotto la villa. Una vera schiavitù. E infatti lui aveva centinaia, di schiavi. Quelli che avevano costruito la villa con marmi preziosi, colonne, mattoni, sacchi di pozzolana (il calcestruzzo dell’epoca) e migliaia di marmetti colorati, le tessere necessarie alla composizione di vari mosaici, tra cui uno molto grande col Minotauro che oggi, dopo averlo asportato e restaurato, la Soprintendenza Archeologica Toscana ha sepolto in qualche cantina delle loro. Ma torniamo al passato. Altri schiavi avevano poi sostituito i costruttori per la conduzione domestica e la manutenzione dei giardini. Gneo era il Dominus (ovvio con un cognome come il suo) e quando arrivava con la sua galera personale, la risalita dal porticciolo, tramite la stessa scala che avevamo fatto noi ansimando, lui la faceva comodamente in una portantina speciale a tre inclinazioni. Una per la salita, una per la pianura e una per la discesa. Da lì aveva avuto origine il nome triclinio (abusato anche da chi si metteva a tavola)

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