«Una bella zoomata su tutta la
stanza».
«Va bene commissario, sarà fatto».
Il tecnico si mette
all’opera, armeggiando sul filmato della telecamera di sicurezza
della villa. Quella stessa telecamera che ha ripreso gli ultimi
istanti di vita di Rudy Gualtieri, compagno del padrone di casa, il
facoltoso Walter Rossetti, titolare della “Rossetti Socks”, una
ditta produttrice di calze da ginnastica, con tallone e suola
traspiranti e praticamente indistruttibili.
Il commissario Andrei
fatica a comprendere come nel 1980 ci sia ancora un tale divario fra
chi si è arricchito e chi tira semplicemente a campare, con un
misero stipendio da poliziotto. Di una cosa però è contento, e cioè
che Rossetti viva nello sfarzo più assoluto. Perché altrimenti, se
non temesse per i furti ed i sequestri di persona, non si sarebbe
fatto istallare una bella telecamera in ogni stanza, come quella che
ha ripreso l’uccisione.
Circa alle 21 del giorno
precedente, si vede Rudy Gualtieri, un ragazzone grande e grosso,
seduto sul divano del salotto. All’improvviso, la sua attenzione
viene catturata da qualcosa alle sue spalle. Forse qualcuno suona
alla porta, oppure entra in casa. Perché il ragazzo esce per un
attimo di scena, per tornare pochi istanti dopo. Rudy gli dà le
spalle e sembra tranquillo. Ma poi si gira e viene colto di sorpresa.
Prova a dire qualcosa, e alza le mani come a volersi proteggere. La
pallottola lo raggiunge in pieno petto e cade a terra esanime, fra il
mobile bar ed il tavolino, dove è stato trovato. Dell’assassino
nessuna immagine, come se sapesse esattamente come non farsi
inquadrare: un’ombra che si dilegua, come fosse un fantasma.
Il commissario Andrei sa
chi è stato. Lo ha capito subito. Ma non sa come provarlo. E se non
si hanno prove, tanto vale non avere capito niente. Si fa più bella
figura.
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