domenica 9 agosto 2015

[arcobaleno d'inchiostro] - I figli degli spiriti di Marina Paolucci (incipit)

I figli degli spiriti
Marina Paolucci

Runa abitava in paese da poco. Era arrivata in un giorno di marzo, con il vento ancora pregno di aliti gelidi dell’inverno. Portava al seguito cinque figli senza avere un uomo accanto. Destava curiosità, pena, pettegolezzi. L’invidia è una bestia villana che vomita parole.
Don Mario le offrì un lavoro part time, il mattino, alla segreteria della parrocchia. Erano coetanei, inevitabilmente levitarono maldicenze. I muri della chiesa ne udirono di tutti i colori, trattenendoli in silente compostezza. Le diede altresì ospitalità nei locali della sacrestia. Poi, si prodigò per assegnarle la casa dismessa in fondo al campo di pannocchie, vicina a una fattoria.
Runa si sistemò con la famigliola. Conobbe Libero, il fattore della porta accanto, poco più giovane di lei. Un giorno, rientrando dal lavoro, lo trovò fuori dall’uscio.
— Buongiorno Libero! Siete qui per curiosare? Sono logorata dai pettegolezzi sul mio conto. Se proprio volete saperlo, le mie creature sono figli degli spiriti.
— Accidenti, che scoop! Io dico che siete una brava mamma. Vi manca soltanto un uomo accanto.
— Grazie Libero. Sono un’anima libera, con un uomo mi sentirei prigioniera. Possiamo darci del tu?
— Con piacere.
Runa lo invitò per un caffè. Sfilò dal polso un elastico rosso e legò i capelli lunghi, lisci e neri, in un’alta coda. Cominciò a cucinare per i figli in arrivo. In casa si sprigionò un delizioso profumo di caffè tostato, misto al sapore acre del soffritto di cipolla.
Libero la mangiava con gli occhi, le piaceva. Le sue parole l’avevano appena colpito come un pugno al cuore. Come poteva rinunciare a lei?
— Mamma, che fame! Ciao Libero! — esclamò Sofia entrando.
In coro salutarono anche Pietro, Isabella, Rosa, Ivano. Lanciarono a terra gli zaini colorati.
— Runa io vado. Mi raccomando, la sera chiudi la porta di casa.
— Non temo nulla. Non chiudo mai la porta a chiave. Se i padri dei miei figli vengono a trovarli possono entrare liberamente.
— OK. Fai un’eccezione almeno sabato sera, è La Notte Nera.
— Uuuuhhhh! Che paura mammina! – urlò Ivano. Scosse Rosa prendendola per le spalle, facendola strillare.
— Lo farò se mi ricordo. Sabato i ragazzi partono con gli scout, stanno via il weekend. Sono a casa da sola, tu che fai?
— Suono con la band alla festa del paese.
— Curioso! Magari passo a sentirvi.
Libero si congedò dall’allegra ciurma.
I ragazzi pranzarono allegramente, raccontarono della mattina a scuola. Nel pomeriggio fecero i compiti. Venne presto la sera e il giorno finì tuffato nei sogni.
L’indomani fu un giorno tranquillo, Runa preparò gli zaini con i figli. Il sabato mattina li accompagnò davanti alla chiesa, al pullman. Partirono.
Lei si fermò dal panettiere. Comprò il pane poi rincasò, il sabato non lavorava. Notò la porta di casa socchiusa.
— C’è qualcuno? – gridò.
Uscì Libero con il sorriso stampato sulle labbra carnose.
— Ciao Runa. Memore della tua porta sempre aperta, sono entrato. Pensavo di trovarti. Stasera darò buca al gruppo. Ti va di cenare insieme?
— Volentieri. Ti aspetto alle venti.
Libero si ritirò felice. Tornò all’ora stabilita, puntuale, con un mazzo di girasoli misto a lavanda, un cestino contenente delle uova, un salame e un pollo nostrano. Runa apprezzò ogni gentilezza, visibilmente sorpresa.
La tavola era apparecchiata, il cibo era cotto, mancava soltanto il vino. Runa lasciò il suo ospite in soggiorno e andò a prendere una bottiglia in cantina. Lui la seguì. Nel seminterrato, la afferrò per un braccio e la attirò a sé. La baciò con ardore. Colti da un’inaudita passione, i due fecero l’amore.
Runa si ricompose e si scusò per essersi lasciata andare. Salì la scala. Al piano, si accorse che Libero era rimasto in cantina. Andò a vedere. Lo vide armeggiare con un secchio, la cantina era inspiegabilmente allagata. Fu colta da un vigoroso tanfo di benzina. Prima che potesse realizzare, lui la colpì con una bottiglia, salì la scala e chiuse a chiave la porta.
— Ti prego, apri la porta! – piagnucolò Runa.
Senza pietà, Libero appiccò un tizzone e andò in paese a sentire gli amici suonare.

4 commenti:

  1. Incipit scorrevole e dinamico, rende curiosi sullo svolgimento degli eventi.

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  2. Grazie, Giuliana Ricci, per avere letto il mio incipit e per il commento!
    Il finale ha il suo perché... Non si può svelare! :-)

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    1. Grazie, Giuliana Ricci, per avere letto il mio incipit e per il commento!
      Il finale ha il suo perché... Non si può svelare! :-)
      Marina Paolucci

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  3. "L’invidia è una bestia villana che vomita parole."
    Bellissima immagine, Marina. In bocca al lupo :)

    Valeria Barbera

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