Non
disturbare il sonno dei vivi
Daniele
Pollero
Lisa
amava molto i fiori.
Amava
andarli a cercare, raccoglierli, osservarli, odorarli, confrontarli
con le immagini bidimensionali, puramente indicative, che trovava su
libri ed enciclopedie.
Mentre
i suoi genitori morivano, divorati vivi, lei si distraeva tappandosi
le orecchie e fissando un vaso di coloratissime begonie.
Un
arcobaleno naturale che era anche l'unico ricordo di quella giornata
violenta e concitata, di un mondo che nel giro di qualche mese aveva
completamente rigettato la sua ingenua innocenza.
Lisa
era una bambina diversa dalle altre. Di tanto in tanto, era solita
leggere Le
avventure di Huckleberry Finn
in una vecchia edizione che riusciva a portarla lontano come il suo
protagonista, verso dimensioni che potevano essere per forza di cose
solo inchiostro su carta.
Lo
assimilava avidamente appoggiata a una delle imponenti statue del
cimitero immerso nel bosco, di fronte alla sua vecchia casa, con gli
occhietti azzurri che scorrevano rapidamente lungo le pagine
ingiallite.
Poi
faceva l'orecchio al punto d'arrivo, lo appoggiava sulla ghiaia,
raccoglieva i fiori freschi che aveva portato, e si dirigeva come
sempre verso la piccola lapide crepata di Marika.
Marika
era una bambina bionda come lei, eterna nel sorriso che sfoggiava in
quella minuscola foto che non cambiava mai. Aveva un sorriso per
tutti, esattamente come quando era in vita, amava immaginare Lisa.
Non
l'aveva mai conosciuta, non sapeva chi fosse, ma la sentiva ogni
giorno più vicina. Per lei non c'era mai nessuno, nessuno tornava al
suo capezzale a portarle un dono: solo Lisa.
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