giovedì 10 settembre 2015

[Arcobaleno d'inchiostro] - L'elfo Brambilla, Antonio Borghesi (incipit)

L’elfo Brambilla
Antonio Borghesi

Certo che, dove gli altri si chiamano: Galweg, Evromord, Curufinwë, Cúthalion, Nimloth, Nimrodel, Vëannë e così via, il fatto di chiamarsi Brambilla non lo avvantaggiava per niente. Nella Terra di Mezzo lui, l’elfo con quel cognome, era dileggiato da molti ma soprattutto dai Tuc, la famiglia più ricca della Contea che viveva in una grande caverna con moltissime finestre e tunnel, simboli della loro potenza e ricchezza. L’elfo Brambilla, di statura minuscola ma con mani e piedi grandi, come d’altronde tutti quelli della sua razza sturoi, non era portato alla violenza però raggiunti ormai i trent’anni non accettava più gli stupidi scherzi con cui lo continuavano ad affliggere i Tuc suoi contemporanei. Aveva pensato di raccogliere delle foglie e radici di Sambucus Ebulus, tritarle finemente e creare una pozione d’aggiungere all’ottima birra d’erica, che scorreva a fiumi durante le numerose feste nei boschi, ma non sapeva come fare per circoscrivere la dissenteria ai suoi soli tormentatori. Avrebbe dovuto inventarsi qualcosa d’altro per attirarli nella sua umile casa composta da un solo tunnel e nessuna finestra, nella quale quegli snob altezzosi non sarebbero mai entrati senza una proposta di alcunché veramente eccitante e attrattivo.

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