SILENZIO
RADIO
Marco
Vecchi
Ci
hanno informato che dal complesso lunare non si hanno comunicazioni
da 12 ore. Adunata immediata e dalla stazione orbitante abbiamo
raggiunto la Luna in quattro ore.
L’area di atterraggio è libera e i piloti non rilevano attività.
Nella
stiva i due mezzi che ci trasporteranno sono pronti. Noi del team
anche. Dodici elementi delle forze speciali addestrati ad azioni
anche in assenza di gravità. Ci divideremo in squadra Rossa, che si
dirigerà verso l’impianto minerario e in squadra Blu, che farà
meta nel settore tecnico. Il capitano Mosshart, che comanderà la
squadra Rossa, ha dato disposizioni di recuperare il personale civile
che riusciremo a trovare.
Il
segnale di apertura portelli si accende e nel giro di un minuto i
mezzi escono dalla navetta.
Il
sergente Kerr, a comando della squadra Blu, imposta il driver
automatico per l’aggancio al portale d’accesso, si volta e alza
un pollice, riceve cinque confermare che siamo pronti all’azione.
Le
connessioni del mezzo si attivano, i sensori registrano condizioni
normali all’interno, il protocollo vuole che le armature siano in
ogni caso isolate. Il portello si apre e accediamo alla camera
d’inserimento. Ci schieriamo in quell’angusto spazio ed entriamo
alla struttura vera e propria.
Il
corridoio è debolmente illuminato, solo qualche luce è rimasta in
funzione. Segni di lotta e macchie di sangue deturpano l’immacolato
chiarore delle pareti. Procediamo fino al primo incrocio dove il
panorama è identico a quello che ci ha accolto. Il sergente Kerr
contatta Mossahart e lo informa della situazione.
Capisco
che la comunicazione non è chiara perché vedo il sergente premere
freneticamente i tasti sulla corazzatura dell’avambraccio, quando
si accorge che lo fisso mi fa cenno di controllare la mia porzione di
perimetro. Dopo pochi secondi da l’ordine di dirigersi verso la
sala controllo.
Ci
muoviamo serrati, cerchiamo di assorbire più informazioni possibili
dall’ambiente che ci circonda e nessuna ci fa pensare di trovare
qualcuno in vita, anche se di corpi non ne abbiamo ancora trovati.
Appena entrati in una grande sala, i due che precedono il gruppo si
bloccano e si inginocchiano, Kerr vola alle loro spalle e fa segno a
noi dietro di chiudere i centottanta gradi posteriori. Il sergente
chiede cosa hanno visto, la parte che stanno osservando è
completamente buia. Movimento riferiscono. Interminabili secondi
passano senza che nulla accada e all’ordine di muoversi si scatena
l’incubo.
Sembrano
sbucare dal nulla. Spariamo agli aggressori creando un muro
invalicabile tra noi e loro. Reazione rapida. Abbattere tutto ciò
che si avvicina. Pura sopravvivenza e basta.
Quelli
che ci stanno attaccando sono gli abitanti della base lunare, o
almeno quello che sono diventati.
Visi
distorti e tumefatti, occhi sporgenti e vesciche nere sparse sulle
parti di corpo visibili tra le tute e i vestiti laceri. Lanciano
grida e si scagliano su di noi con una furia animalesca. Sono troppi
e solo ora capiamo che alcuni anche dopo essere stati colpiti si
rialzano e continuano l’attacco, anche senza avere più la
possibilità di muoversi in maniera coordinata. Il soldato alla mia
destra viene trascinato a terra da due che erano strisciati fino ai
suoi piedi, cerco di farlo rialzare mentre lui scalcia in preda al
terrore, il suo serbatoio di munizioni è scarico. Il sergente e
altri due riescono ad aprirsi un varco e mi trascinano via mentre
l’orda assassina si avventa sui nostri due commilitoni.
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