giovedì 22 ottobre 2015

[Arcobaleno d'inchiostro] - In principio fu il caos, Antonio Borghesi (incipit)

In principio fu il caos



Non avrei dovuto toccare quella specie di zuppa in apparente stasi e invece ci ho infilato dentro un dito combinando una delle mie singolarità. Era scoppiato qualcosa. Qualcuno dopo disse che c’era stato un Big Bang. Io il gran botto non l’ho proprio sentito ma ho visto crescere una bolla incandescente e allora ho immediatamente ritratto la mano ma il danno l’avevo fatto e il dopo era stato velocissimo. Velocissimo in relazione a che? Tempo e spazio iniziavano in quell’istante! Beh, se un osservatore esterno guardava la stasi precedente, una certa relatività con uno che ipoteticamente stava dentro quella bolla si poteva anche dimostrare. Magari con una bella formula matematica. Lì dentro comunque era meglio non esserci! Si stava liberando un’enormità di pura energia. C’erano delle vibrazioni che se si fossero potute vedere sarebbero apparse, in teoria, come stringhe. Qualcuno pensò fossero particelle elementari. Aggiunse che esistevano solo se le osservavi e che se le osservavi le cambiavi. E allora che le guardavi a fare? Comunque rispecchiavano il famoso proverbio: «Sopra la Planck la ca.pr.a campa, sotto la Planck la ca.pr.a crepa». Dove ca.pr.a. sta per Calcolo delle Probabilità Assolute. Ok! Ho semplificato parecchio. In effetti cambia solo il sistema di calcolo. Sopra si usa la fisica generale, sotto, dove con la capra c’è anche il gatto di Schrödinger, quella quantistica. D’altronde anche Alberto Unapietra (Albert Einstein per Google Translate), ha semplificato un’astrusa formula in E=MC² per poi lanciarsi nella spiegazione della forza di gravità che piega lo spazio-tempo. Cosa che a lui faceva molto comodo per la sua teoria sulla relatività generale. Ma mentre noi divaghiamo, le particelle di pura energia schizzano da tutte le parti nel buio più totale poi, mentre scema l’immenso calore primordiale, alcune rallentano riuscendo così ad aggregarsi ad altre. Con tre quark creano un pesante protone che ficcano in un nucleo al quale fanno volteggiare attorno uno snello elettrone. Quel cosino appena formatosi sarà chiamato atomo da degli ignoranti filosofi greci che si equivocarono sulla sua indivisibilità. Molte particelle positive, scelsero amicizie negative annichilendosi l’un l’altra lasciando così in giro pacchetti di fotoni. E la luce fu (copyright biblico). Il calore iniziale continuò a scendere. Gli atomi più freddolosi cercarono compagnia. Divennero elementi e per darsi un peso si misero a tavola. Facendo poco moto diventarono ancor più pesanti e ingombranti e, per liberarsi dal superfluo, si misero a correre nello spazio rilasciando lunghe emissioni di gas, a volte innocuo come il vapore, a volte mefitico come il metano. Con quella coda gassosa e la grossa testa solida, chissà perché, furono chiamate comete e, visto che andavano in giro senza alcun controllo, quando si scontrarono, qualcuna esplose in miriadi di pezzi sparpagliandosi in tutte le direzioni, mentre altre fusero i propri atomi creando delle palle infuocate. Ma anche quelle palle, a causa dello spazio che, malgrado la sua altissima velocità d’espansione, era ancora cosmicamente ristretto, si urtarono pesantemente, dissolvendosi in nubi di gas idrogeno che, aggregandosi di nuovo, diedero origine a palloni ancor più grandi. L’idrogeno, sottoposto a un’enorme pressione, fuse i propri nuclei creandone di più pesanti e sprigionando nel contempo un’infinità di onde elettromagnetiche. Vista la brillantezza di quei globi qualcuno li chiamò stelle. Poi, non contento, affibbiò loro anche dei nomi: novae, supernovae, binarie, pulsar, giganti, supergiganti, nane bianche, rosse, gialle, brune, nere e perfino supernane. Gli altri palloni gonfiati, che vivevano di luce riflessa, furono chiamati pianeti. Il burocrate classificatore li definì gassosi, solidi, ghiacciati, giganti, nani, pianetini e altro. E da lì, tutti giù a battezzare gli oggetti che si erano creati dentro la bolla: meteoriti, satelliti, galassie, nebulose, ammassi gassosi e stellari, Via Lattea e… chi più ne ha più ne metta. Stabilirono che tutte quelle cose costituivano l’Universo. Poi cominciarono a litigare su quel Grande Boato dell’origine e sulla teoria che magari l’Universo si sarebbe estinto con una Grande Schiacciata. O forse no? Si sarebbe esteso all’infinito. Oppure avrebbe raggiunto lo zero assoluto col Big Freeze. Magari era curvo e… non la finivano più. Allora contarono le galassie, le pesarono e si accorsero che ci doveva essere qualcosa d’invisibile ma di un certo peso. Uno disse: è la materia oscura. Un altro disse: allora ci deve essere anche un’energia oscura. Ad accrescere quell’oscurità arrivò Stefano Falco-Re (Hawking per il Translator) con una sua teoria su dei buchi neri. Disse: «Tutto quello che sorpassa l’orizzonte degli eventi viene inghiottito e ammassato dall’elevatissima forza di gravità. Nessuna informazione riesce a tornare indietro». «Ci ho ripensato» si corresse Falco-Re qualche annetto dopo «Da quel buco, la luce e la materia possono anche sfuggire». E giù con le discussioni! Sì, ma chi le fa ‘ste discussioni? Dei bipedi che si credono chissà chi, mentre non sono nient’altro che un ammasso di molecole organiche contenenti del semplicissimo carbonio. Risiedono su di un minuscolo pianeta che chiamano Terra e che gira attorno a una stella media nemmeno troppo luminosa che chiamano Sole. Tutto il loro sistema di pianeti e satelliti si confonde in una delle spirali esterne di una di quelle cento e passa miliardi di galassie che compongono quello che loro hanno definito pomposamente Universo. Insomma, se quelle nullità continuano a darmi fastidio coi loro striduli pigolii, ficco un’altra volta il dito nella zuppa primordiale, ma questa volta lo agito e ti scateno un pandemonio d’universi che, certo non viaggerebbero paralleli, ma si scontrerebbero col loro. Quegli insignificanti esserini ammutolirebbero dallo stupore o dal terrore. Così avrei ottenuto, non solo la quiete, ma anche il Caos della fine a completare quello del principio.

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