In principio fu il caos
Non
avrei dovuto toccare quella specie di zuppa in apparente stasi e
invece ci ho infilato dentro un dito combinando una delle mie
singolarità. Era scoppiato qualcosa. Qualcuno dopo disse che c’era
stato un Big Bang. Io il gran botto non l’ho proprio sentito ma ho
visto crescere una bolla incandescente e allora ho immediatamente
ritratto la mano ma il danno l’avevo fatto e il dopo era stato
velocissimo. Velocissimo in relazione a che? Tempo e spazio
iniziavano in quell’istante! Beh, se un osservatore esterno
guardava la stasi precedente, una certa relatività con uno che
ipoteticamente stava dentro quella bolla si poteva anche dimostrare.
Magari con una bella formula matematica. Lì dentro comunque era
meglio non esserci! Si stava liberando un’enormità di pura
energia. C’erano delle vibrazioni che se si fossero potute vedere
sarebbero apparse, in teoria, come stringhe. Qualcuno pensò fossero
particelle elementari. Aggiunse che esistevano solo se le osservavi e
che se le osservavi le cambiavi. E allora che le guardavi a fare?
Comunque rispecchiavano il famoso proverbio: «Sopra la Planck la
ca.pr.a
campa,
sotto la Planck la ca.pr.a crepa». Dove ca.pr.a. sta per Calcolo
delle Probabilità
Assolute.
Ok! Ho semplificato parecchio. In effetti cambia solo il sistema di
calcolo. Sopra si usa la fisica generale, sotto, dove con la capra
c’è anche il gatto di Schrödinger, quella quantistica. D’altronde
anche Alberto Unapietra (Albert Einstein per Google Translate), ha
semplificato un’astrusa formula in E=MC² per poi lanciarsi nella
spiegazione della forza di gravità che piega lo spazio-tempo. Cosa
che a lui faceva molto comodo per la sua teoria sulla relatività
generale. Ma mentre noi divaghiamo, le particelle di pura energia
schizzano da tutte le parti nel buio più totale poi, mentre scema
l’immenso calore primordiale, alcune rallentano riuscendo così ad
aggregarsi ad altre. Con tre quark creano un pesante protone che
ficcano in un nucleo al quale fanno volteggiare attorno uno snello
elettrone. Quel cosino appena formatosi sarà chiamato atomo da degli
ignoranti filosofi greci che si equivocarono sulla sua
indivisibilità. Molte particelle positive, scelsero amicizie
negative annichilendosi l’un l’altra lasciando così in giro
pacchetti di fotoni. E la luce fu (copyright biblico). Il calore
iniziale continuò a scendere. Gli atomi più freddolosi cercarono
compagnia. Divennero elementi e per darsi un peso si misero a tavola.
Facendo poco moto diventarono ancor più pesanti e ingombranti e, per
liberarsi dal superfluo, si misero a correre nello spazio rilasciando
lunghe emissioni di gas, a volte innocuo come il vapore, a volte
mefitico come il metano. Con quella coda gassosa e la grossa testa
solida, chissà perché, furono chiamate comete e, visto che andavano
in giro senza alcun controllo, quando si scontrarono, qualcuna
esplose in miriadi di pezzi sparpagliandosi in tutte le direzioni,
mentre altre fusero i propri atomi creando delle palle infuocate. Ma
anche quelle palle, a causa dello spazio che, malgrado la sua
altissima velocità d’espansione, era ancora cosmicamente
ristretto, si urtarono pesantemente, dissolvendosi in nubi di gas
idrogeno che, aggregandosi di nuovo, diedero origine a palloni ancor
più grandi. L’idrogeno, sottoposto a un’enorme pressione, fuse i
propri nuclei creandone di più pesanti e sprigionando nel contempo
un’infinità di onde elettromagnetiche. Vista la brillantezza di
quei globi qualcuno li chiamò stelle. Poi, non contento, affibbiò
loro anche dei nomi: novae, supernovae, binarie, pulsar, giganti,
supergiganti, nane bianche, rosse, gialle, brune, nere e perfino
supernane. Gli altri palloni gonfiati, che vivevano di luce riflessa,
furono chiamati pianeti. Il burocrate classificatore li definì
gassosi, solidi, ghiacciati, giganti, nani, pianetini e altro. E da
lì, tutti giù a battezzare gli oggetti che si erano creati dentro
la bolla: meteoriti, satelliti, galassie, nebulose, ammassi gassosi e
stellari, Via Lattea e… chi più ne ha più ne metta. Stabilirono
che tutte quelle cose costituivano l’Universo. Poi cominciarono a
litigare su quel Grande Boato dell’origine e sulla teoria che
magari l’Universo si sarebbe estinto con una Grande Schiacciata. O
forse no? Si sarebbe esteso all’infinito. Oppure avrebbe raggiunto
lo zero assoluto col Big Freeze. Magari era curvo e… non la
finivano più. Allora contarono le galassie, le pesarono e si
accorsero che ci doveva essere qualcosa d’invisibile ma di un certo
peso. Uno disse: è la materia oscura. Un altro disse: allora ci deve
essere anche un’energia oscura. Ad accrescere quell’oscurità
arrivò Stefano Falco-Re (Hawking per il Translator) con una sua
teoria su dei buchi neri. Disse: «Tutto quello che sorpassa
l’orizzonte degli eventi viene inghiottito e ammassato
dall’elevatissima forza di gravità. Nessuna informazione riesce a
tornare indietro». «Ci ho ripensato» si corresse Falco-Re qualche
annetto dopo «Da quel buco, la luce e la materia possono anche
sfuggire». E giù con le discussioni! Sì, ma chi le fa ‘ste
discussioni? Dei bipedi che si credono chissà chi, mentre non sono
nient’altro che un ammasso di molecole organiche contenenti del
semplicissimo carbonio. Risiedono su di un minuscolo pianeta che
chiamano Terra e che gira attorno a una stella media nemmeno troppo
luminosa che chiamano Sole. Tutto il loro sistema di pianeti e
satelliti si confonde in una delle spirali esterne di una di quelle
cento e passa miliardi di galassie che compongono quello che loro
hanno definito pomposamente Universo. Insomma, se quelle nullità
continuano a darmi fastidio coi loro striduli pigolii, ficco un’altra
volta il dito nella zuppa primordiale, ma questa volta lo agito e ti
scateno un pandemonio d’universi che, certo non viaggerebbero
paralleli, ma si scontrerebbero col loro. Quegli insignificanti
esserini ammutolirebbero dallo stupore o dal terrore. Così avrei
ottenuto, non solo la quiete, ma anche il Caos della fine a
completare quello del principio.
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