IL LABIRINTO
Sarah Bernardinello
Destra, sinistra. Ancora
sinistra.
Billy correva. Non sapeva
quanto fosse passato da quando si era risvegliato in quel labirinto
verde, insieme ai suoi compagni. Ore. Interminabili, terribili,
durante le quali aveva visto scomparire uno a uno i suoi amici.
Stretti da rami dotati di vita propria, erano spariti in mezzo alle
siepi. Le urla ancora gli rimbombavano nelle orecchie.
Aveva tentato,
inutilmente, di liberare Mark da quei viticci verdi, ma più tirava,
più le sue grida di dolore si acuivano. Sembrava lo stessero
squartando. Le gambe erano ben oltre la siepe. Poi gli era stato
strappato via. In ginocchio, squassato dai singhiozzi, non aveva
potuto fare altro che rimanere a guardare il punto in cui il suo
migliore amico gli era stato sottratto.
Poi si era alzato e aveva
ricominciato a correre, rimanendo il più possibile al centro del
passaggio.
Aveva sete, tanta.
L'addome gli doleva per lo sforzo, ma non voleva e non poteva
fermarsi. Nelle svolte aveva cercato di strappare dei rami, per avere
un'indicazione sui corridoi attraversati, senza ritrovarli. Sulle
prime si era rallegrato, pensando di essersi avvicinato all'uscita.
Poi si era reso conto che stava girando nella stessa zona. Le fronde
si erano rinsaldate, ma a terra aveva visto le foglie che aveva
lacerato.
La disperazione lo stava
dilaniando. Senza fiato, in preda allo sconforto, alla fine si
accasciò in mezzo a un corridoio, alzando il volto inondato di
lacrime verso il cielo plumbeo.
«Prendi anche me,
maledetto!» urlò. «Hai vinto tu!»
La scommessa era di
riuscire a risolvere l'enigma del Labirinto di Cork nel minore tempo
possibile. Si diceva che fosse abitato da un essere antico, che si
cibava degli incauti che penetravano all'interno dell'enorme barriera
verde. Una leggenda che affondava le radici nella memoria. I più
anziani tra gli abitanti del paese ne avevano sentito parlare dai
loro nonni, e dai nonni dei nonni. Qualcuno, in tempi andati, aveva
provato a cimentarsi nell'attraversare il labirinto. Senza tornare
indietro. Di fatto, li avevano dati per dispersi senza tentare di
ritrovarli. Perché era meglio così. Perché il labirinto c'era per
una ragione e dovevano lasciarlo stare.
Finché il loro gruppetto
aveva deciso che la curiosità era troppa, e avevano dato vita alla
scommessa. Volevano chiarire il mistero riguardo a quella specie di
monumento che si ergeva nel parco cittadino. Nessuno credeva alla
leggenda. Erano in sei. Avevano cominciato a entrare nel passaggio,
aspettando cinque minuti tra un ingresso e l'altro. Poi era successo
qualcosa. Fuori rimanevano in tre, e uno alla volta avevano
cominciato a cadere a terra, come in preda a una narcolessia
collettiva. Billy si era guardato attorno, sbalordito. I suoi amici
giacevano scomposti sul terreno, tranne lui. Infine, un istante prima
di seguire la loro sorte, le siepi alte erano state scosse da un
fremito che si era riversato nel terreno, risalendogli lungo le
gambe, aggrovigliandogli le viscere. E lo aveva visto, sopra il
labirinto. Lo stava fissando, una bocca mostruosa aperta su denti
aguzzi. Un essere deforme, che sembrava ridere della sua sorpresa.
Del suo terrore. Dopo, il nulla.
E si era risvegliato in
mezzo alle siepi, le urla tutte intorno a lui.
Bell'idea. In bocca al lupo, Sarah :)
RispondiEliminaValeria Barbera