sabato 8 agosto 2015

[arcobaleno d'inchiostro] - IL LABIRINTO di Sarah Bernardinello [incipit]

IL LABIRINTO

Sarah Bernardinello


Destra, sinistra. Ancora sinistra.
Billy correva. Non sapeva quanto fosse passato da quando si era risvegliato in quel labirinto verde, insieme ai suoi compagni. Ore. Interminabili, terribili, durante le quali aveva visto scomparire uno a uno i suoi amici. Stretti da rami dotati di vita propria, erano spariti in mezzo alle siepi. Le urla ancora gli rimbombavano nelle orecchie.
Aveva tentato, inutilmente, di liberare Mark da quei viticci verdi, ma più tirava, più le sue grida di dolore si acuivano. Sembrava lo stessero squartando. Le gambe erano ben oltre la siepe. Poi gli era stato strappato via. In ginocchio, squassato dai singhiozzi, non aveva potuto fare altro che rimanere a guardare il punto in cui il suo migliore amico gli era stato sottratto.
Poi si era alzato e aveva ricominciato a correre, rimanendo il più possibile al centro del passaggio.
Aveva sete, tanta. L'addome gli doleva per lo sforzo, ma non voleva e non poteva fermarsi. Nelle svolte aveva cercato di strappare dei rami, per avere un'indicazione sui corridoi attraversati, senza ritrovarli. Sulle prime si era rallegrato, pensando di essersi avvicinato all'uscita. Poi si era reso conto che stava girando nella stessa zona. Le fronde si erano rinsaldate, ma a terra aveva visto le foglie che aveva lacerato.
La disperazione lo stava dilaniando. Senza fiato, in preda allo sconforto, alla fine si accasciò in mezzo a un corridoio, alzando il volto inondato di lacrime verso il cielo plumbeo.
«Prendi anche me, maledetto!» urlò. «Hai vinto tu!»

La scommessa era di riuscire a risolvere l'enigma del Labirinto di Cork nel minore tempo possibile. Si diceva che fosse abitato da un essere antico, che si cibava degli incauti che penetravano all'interno dell'enorme barriera verde. Una leggenda che affondava le radici nella memoria. I più anziani tra gli abitanti del paese ne avevano sentito parlare dai loro nonni, e dai nonni dei nonni. Qualcuno, in tempi andati, aveva provato a cimentarsi nell'attraversare il labirinto. Senza tornare indietro. Di fatto, li avevano dati per dispersi senza tentare di ritrovarli. Perché era meglio così. Perché il labirinto c'era per una ragione e dovevano lasciarlo stare.
Finché il loro gruppetto aveva deciso che la curiosità era troppa, e avevano dato vita alla scommessa. Volevano chiarire il mistero riguardo a quella specie di monumento che si ergeva nel parco cittadino. Nessuno credeva alla leggenda. Erano in sei. Avevano cominciato a entrare nel passaggio, aspettando cinque minuti tra un ingresso e l'altro. Poi era successo qualcosa. Fuori rimanevano in tre, e uno alla volta avevano cominciato a cadere a terra, come in preda a una narcolessia collettiva. Billy si era guardato attorno, sbalordito. I suoi amici giacevano scomposti sul terreno, tranne lui. Infine, un istante prima di seguire la loro sorte, le siepi alte erano state scosse da un fremito che si era riversato nel terreno, risalendogli lungo le gambe, aggrovigliandogli le viscere. E lo aveva visto, sopra il labirinto. Lo stava fissando, una bocca mostruosa aperta su denti aguzzi. Un essere deforme, che sembrava ridere della sua sorpresa. Del suo terrore. Dopo, il nulla.
E si era risvegliato in mezzo alle siepi, le urla tutte intorno a lui.

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